mercoledì 10 febbraio 2021

Più di un sasso nello spazio

Quiz sui deserti: soluzioni

Risposta 1: la pianura Deadvlei, nel deserto del Namib in Namibia, si è formata in seguito al prosciugamento di una palude.
Risposta 2: la Bocca dell’Inferno, nel deserto del Karakum in Asia centrale, brucia da 49 anni.
Risposta 2: il White Sands National Monument si trova nel deserto di  Chihuahua, tra gli Stati uniti e il Messico.
Risposta 3: il Salar the Uyuni è un deserto boliviano coperto di sale.

Tema del mese: i ghiacci
Il nostro pianeta, come molti altri, ha delle zone coperte di ghiaccio, ma a differenza di quello presente su Nettuno o di quello sugli anelli di Saturno dai ghiacci della nostra terra dipende la vita stessa di migliaia di esseri viventi, compresi noi. 

Il ghiacciaio Perito Moreno si trova in Argentina ed è considerato la terza riserva d’acqua dolce del pianeta. La sua particolarità è il cuscino d’acqua che separa il ghiacciaio dalla roccia sottostante e gli permette di muoversi continuamente fino a formare periodicamente un ponte sul Lago Argentino spostandosi ogni giorno di circa...


1- mezzo metro

2- due metri

3- sessanta centimetri


I ghiacciai islandesi sono noti per le grotte che si formano al loro interno e in cui il ghiaccio si sbizzarrisce con forme e colori incredibili dando vita a un vero e proprio mondo di cristallo. Le grotte cambiano forma e colore tutti gli anni, ma anche svariate volte di giorno in giorno, alcune, però, come la Crystal Cave, si formano sempre nello stesso punto. Sai dire in quale ghiacciaio si trova?


1- il Langjökull, il secondo più grande d’Islanda

2- il Mýrdalsjökull, quarto più grande d’Islanda

3- il Vatnajökull, la quarta massa di ghiaccio al mondo tenendo anche conto dell’Antartide


L’Italia è ricca di montagne, altopiani e di conseguenza di ghiacciai. Conosci bene il tuo paese? Se sì qual è il ghiacciaio italiano più alto?


1- Il ghiacciaio dei Forni nell’Ortles-Cevedale

2- Il ghiacciaio dell’Adamello che si trova tra la Lombardia e il Trento

3- Il ghiacciaio del Miage sul Monte Bianco

Nelle regioni polari la parte più superficiale dell’acqua del mare è soggetta ad una continua evaporazione che, a causa della bassa temperatura dell’aria, congela all’istante. I cristalli di ghiaccio, che solitamente hanno una dimensione di 1-2 centimetri, si depositano sulla superficie dell’acqua formando una specie di poltiglia e si aggregano poi tra loro formando le frittelle di ghiaccio ovvero delle placche di circa…


1- trenta centimetri

2- un metro 

3- due metri

Troverete le risposte nel prossimo numero!

Sofia Cavallero, Francesca Isoardi, Chiara Tuberga


martedì 9 febbraio 2021

Intervista impossibile a Franco "Politica"

Cari lettori,
Oggi continua il nostro viaggio. Questa volta abbiamo deciso di spostarci nello spazio invece che nel tempo avventurandoci nei boschi di Boves e facendo la conoscenza di un personaggio molto particolare.
Abbiamo il piacere di presentarvi: Franco Dalmasso, chiamato da tutti “Politica”.
Ma chi è costui?
Uno sguardo incorniciato dai lunghi capelli bianchi e dalla folta barba che nasconde un sorriso grande. Franco, nonostante il corpo esile, è un uomo, senza alcuna ombra di dubbio, forte, il perché sarà lui a spiegarlo.

NOI Buongiorno signor Franco, è un piacere conoscerla, abbiamo sentito parlare di lei e subito la sua personalità ci ha incuriosite e abbiamo deciso di venirla a trovare

FRANCO È un piacere anche per me conoscervi. Ditemi un po’ che cosa si dice in giro su di me? Che sono stato un folle ad aver scelto questo particolare stile di vita?

NOI Alcuni lo pensano, ma noi vedendo un documentario su di lei e siamo venute qui per chiederle se davvero sono circa quarant’anni che lei vive da solo tra i boschi di Boves.

FRANCO Assolutamente sì, è dagli anni ‘70 che mi sono sistemato in questa casetta di cui utilizzo principalmente l’esterno, il cortile, il portico ed il balcone, dove dormo tutto l’anno. All’inizio non è stato facile, ma questo stile di vita mi piace, la mia vita è scandita dagli stessi ritmi della natura e dalle varie stagioni. Sento di fare parte di tutto questo, della natura che mi circonda. Io la rispetto e lei mi da in cambio i suoi frutti, è uno scambio reciproco che ormai va avanti da quarant’anni.

NOI Da cosa deriva la sua decisione di ritirarsi nei nostri boschi?

FRANCO Negli anni ‘70 studiavo e lavoravo in tipografia e nel periodo prima di ritirarmi tra i miei boschi soffrivo di violenti attacchi d’asma che preoccupavano sia me sia il mio medico. Un giorno ho deciso che era ora di cambiare, ma cambiare in tutto. Ho preso le mie cose e mi sono stabilito nel rudere di una vecchia casa di proprietà tra questi alberi. Una settimana e gli attacchi non si sono più presentati.

NOI E ci potrebbe dire come impiega le sue giornate?

FRANCO Mi sveglia il chiarore dell’alba e amo soffermarmi a guardare il cielo dal mio balcone per capire che tipo di giornata mi attende, se ci sarà il sole o se pioverà ed alcuni mi dicono che sono più preciso delle previsioni! Mi alzo con calma e in primavera mi piace camminare a piedi scalzi sulla rugiada dell’erba del giardino davanti a casa. Poi dipende dalle diverse stagioni: d’autunno raggruppo e preparo la legna per il lungo inverno che mi aspetta, raccolgo castagne e funghi, coltivo il mio orticello che è molto generoso e che se sono fortunato mi dà da mangiare quasi per tutto l’anno.

NOI Qualche volta scende ancora in paese?

FRANCO Sì certo, il mio paese non l’ho dimenticato e ci torno volentieri per lo più per prendere in prestito alcuni libri dalla biblioteca, forse non si direbbe, ma sono un appassionato lettore.
Vi chiederete come faccio a vivere così solo e se non ho mai la necessità qualche volta di parlare con qualcuno. A volte vengono alcuni amici a trovarmi, ma il resto del tempo in ogni caso non mi sento solo: ho il mio bosco, i suoi animali e poi i miei adorati gatti.

NOI Lei si considera un eremita?

FRANCO Non mi sento un eremita, come ho detto ho molte persone vengono a trovarmi e inoltre mi tengo sempre informato sull’attualità con la mia radio alimentata a batterie che sintonizzo sempre su “Radio popolare di Milano”.

NOI Siamo al termine della nostra intervista e volevamo farle una domanda molto personale: che cosa è importante nella vita?

FRANCO Penso che tutti abbiano una risposta diversa a questa domanda ma per me nella vita non è importante possedere tante cose, ma essere in pace con se stessi e con la natura, che è la nostra casa. Non mi sento di affermare che tutto questo è un dono di Dio, perché io Dio non l’ho mai visto né sentito. La vita è bella e va vissuta con semplicità. Mi capita spesso di ringraziare il cielo, quindi la natura per tutto quello che ci offre.

NOI Grazie per il tempo che ci ha dedicato.

FRANCO Grazie a voi e ricordate che ognuno può scegliere di vivere come meglio crede, anche se nella società di oggi può essere difficile, ma non per questo è sbagliato. Io ringrazio il cielo per aver fatto questa scelta.

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Anna Paruzza e Arianna Lovera

Il mondo degli alieni: bisessualità

Bandiera rosa, viola e blu, abbigliamento strambo e occhi dolci ad entrambi i sessi. Questo è solitamente ciò che pensiamo come lo starter-pack di una persona bisex. Mi spiace sfatarvi un mito, ma questa è bugia più grossa del “lo faccio domani”. Eh già, sorprendente ma vero, anche i bisessuali sono persone come tutti voi, l’unica cosa che li distingue veramente è che possono provare attrazione per due generi differenti (femmina\maschio; non-binary\femmina, etc.).
Prima di andare avanti però vorrei vi interesaste a qualche curiosità su questa tipologia di alieni. Pochi sapranno infatti che durante tutta la storia dell’umanità, la bisessualità è sempre esistita. A partire dall’Antica Grecia, nella quale era molto comune che un uomo provasse attrazione sia per donne che per uomini, a patto che questi fossero più giovani di lui, fino ad arrivare ai Nativi Americani, dove questo tipo di legame era raramente discriminato dalla società. Anche presso i Celti era normale trovare coppie formate da individui dello stesso sesso, i quali però potevano poi intraprendere nuove relazioni eterosessuali. Nonostante la maggior parte delle fonti riportino soprattutto episodi di bisessualità maschile, è verosimile pensare che quella femminile fosse molto più praticata. Il perchè della mancanza di informazioni è presto intendbile: le culture erano maschiliste e non davano peso alla donna, ma di questo parleremo un'altra volta.
Anche se spesso non se ne parla, le persone bisex spesso vengono discriminate, sia dagli omofobi che da altri appartenenti alla comunità LGBTQ+. Cosa pensereste se vedeste una persona di colore prendersi gioco di una di etnia indiana per via della pelle scura? Non so voi, ma io mi farei qualche domanda sulla salute mentale del primo individuo. Ecco, ora applicate lo stesso pensiero alla seguente situazione. Non credo ne siate consi, ma spesso e volentieri i bisessuali vengono etichettati come coloro che hanno paura di ammettere di essere omosessuali. Questo ragionamento può aver senso, se si pensa che molti non accettano sè stessi. Però io vi chiedo, allora perchè dichiararsi bisessuali? Per cortesia, non rispondetemi che è più semplice, perchè non lo è. Non lo è per niente. Fortunatamente, sia tra eterosessuali che tra i così detti alieni, non tutti sono così. Anche perchè in quel caso sarei la prima a voler prendere un razzo per Marte e diventare propriamene un'extra-terreste.
Come ho già detto nel precedente articolo (TUU! Vai subito a leggerlo o ti verranno i geloni alle mani), essere gentili non ha prezzo, ma vedere la serenità negli altri nel momento in cui parlano con noi è super ripagante. Quindi, se conosci una persona bisessuale e vuoi essere educato, cerca di evitare queste frasi:
 • Mai e ripeto mai, proporre attività di gruppo (e tu mente perversa sai di cosa sto parlando);
• Evita di pronunciare frasi come "Hai più possibilità di tradire". Se una persona non usa la testa per ragionare tradirà sempre, indifferentemente da chi lo attrae;
• Non chiedere alla persona se è solo una fase o se è confuso, altrimenti giuro che si apriranno le porte del Tartaro sotto i tuoi piedi;
• Non dire che lo fa per moda, non è un taglio di capelli.
Io concludo qui, spero di esservi stata d'aiuto e se, in caso contrario, vi avessi annoiati, ringraziatemi: avrete ottenuto il primato per non esservi addormentati leggendo questo articolo. Ovviamente scherzo, a presto!
(O forse no ;))

Marta Massucco


Cholita Climbers: una vetta tira l'altra

Spesso, guardando le cime dei monti che cingono le nostre valli stagliarsi indomite nel cielo, pensiamo che quelle vette siano lì per ricordarci che ci sarà sempre qualcosa di superiore a noi, un traguardo che non riusciremo mai a superare o un’impresa impossibile da compiere. Probabilmente lo pensavano anche Lidia Huayllas Estrada e le altre donne che vivevano alle pendici del monte Huayna Potosí, una delle più belle e alte montagne della Bolivia, un monte su cui loro non erano mai salite nonostante fossero nate e cresciute ai suoi piedi.


 Lidia e le sue amiche lavoravano, come tutti gli altri nel loro villaggio, per gli alpinisti che venivano per scalare il Potosí, le donne cucinavano e facevano le facchine mentre gli uomini portavano gli scalatori sulla vetta.
Gli alpinisti venivano anche da molto lontano per poter salire in cima alla montagna, un percorso per nulla facile e molto faticoso considerati i 6.088 metri di altezza sul livello del mare del Potosí. Quando partivano, però, queste persone avevano sempre una scintilla di gioia che danzava nei loro occhi, come se non pensassero alla faticosa scalata che li aspettava, ma a qualcosa in grado di ripagarli di tutti i soldi e il sudore spesi per raggiungere la vetta ghiacciata, qualcosa di impossibile da comprendere per chi non aveva mai scalato.
Un giorno undici donne si riunirono e decisero che volevano salire in cima alla montagna che le aveva osservate dall’alto da quando erano bambine. Il 17 dicembre 2015 infilarono gli scarponi sotto le cholitas, le grandi gonne colorate tradizionali che indossavano sin dall’infanzia, allacciarono i caschi sopra le  lunghe trecce nere e si caricarono in spalla gli attrezzi necessari alla scalata in aguayos multicolori.



In media gli scalatori potevano impiegare due o tre giorni per raggiungere la cima del Potosí, le undici neo alpiniste non avevano una preparazione fisica e tecnica adeguata, ma, ripetendo i gesti che avevano visto fare ai mariti e ai turisti in tanti anni, salirono lentamente lungo i fianchi della montagna. La scalata era dura e spesso temettero di non farcela, ma alla fine, mettendo caparbiamente un piede dopo l’altro, raggiunsero la vetta.
Quell’esperienza piacque loro così tanto che decisero di chiamarsi le Cholitas Escaladores (in inglese Cholita Climbers, più comunemente usato) dal nome delle gonne tradizionali che simboleggiano le loro origini e che indosseranno ad ogni scalata e di cercare nuove vette da conquistare.
Le Cholitas Escaladores attualmente hanno raggiunto la cima dei monti Acotago, Parinacota e Pomaropi che si aggirano tutti sui 6.000 metri e sono diventate un simbolo per le donne boliviane. Spesso sono state criticate perché sono donne e hanno una bassa preparazione per scalare montagne tanto alte, ma loro hanno imparato che qualsiasi vetta può essere raggiunta se lo si vuole davvero e lo dimostrano ogni giorno.



Chiara Tuberga

 

Telegram: L'incubo che continua a crescere

         

Oramai si parla sempre più spesso dei gruppi che si sono venuti a creare su telegram e della scia di schifezze che si sono portati appresso. Ebbene, anche se penso che ormai ne avrete talmente tanto sentito parlare che ne avrete le scatole piene, secondo uno studio di Amnesty International in Italia una donna su cinque ha subito molestie e minacce online quindi penso proprio che non se parli mai abbastanza.
Non scherzo quando dico che il numero dei gruppi di telegram da maggio a novembre 2020 sia triplicato; infatti, secondo uno studio di “Permesso Negato” un’associazione che si occupa di dare sostegno alle vittime di violenza online, i gruppi telegram sono passati dall’essere 29 a maggio all’essere 89 a novembre. In questi gruppi ci si scambia foto di diverso genere: dalle foto intime delle ex fidanzate, con ovviamente il corredo di nome cognome profili social e molte altre informazioni personali, alle foto di ragazze trovate a random sui social, spesso e volentieri in costume, ma anche foto intime di bambine e bambini spesso figli di coloro che condividono questo materiale. Tutte queste foto vengono trattate come fossero una merce di scambio, cose che servono solo allo scopo di provare piacere e non come materiali che potrebbero potenzialmente rovinare la vita di qualcuno. Oltre a queste foto possiamo trovare anche frasi che fanno rabbrividire come ad esempio “Posso dire che sono pro al femminicidio?” oppure “ Questa situazione è solo colpa nostra e dei nostri nonni che ogni anno hanno dato più libertà alle donne quando invece è risaputo che sono solo delle custodie per il c...” , ma potrei farvi moltissimi esempi di frasi anche molto più forti di queste. Dietro queste frasi si celano persone come noi che magari abbiamo anche incontrato, lì dentro ci sono anche persone con dei figli o magari con delle sorelle o delle cugine. E ancora c’è chi sui social dà la colpa alle ragazze perchè “non ve la siete andata a cercare, ma se non aveste messo la vostra foto in costume non sarebbe successo” oppure altre ragazze che dicono “E’ un maschio è normale che faccia queste cose”.
Basta, basta accusare le ragazze, colpevolizzarle per azioni che non erano sotto il loro controllo e d’ora in poi invece di insegnare alle femmine a non vestirsi provocanti per non attirare l’attenzione o per non “andarsela a cercare”, insegnamo ai ragazzi che un vestito un po’ più corto o una maglia più scollata non significa che le ragazze diano il loro consenso, e non è una foto che si posta sui social a permettergli di poterla condividere su dei gruppi per farci poi chissà cosa. Dimostriamo di esserci evoluti e non di star tornando indietro, perchè questo vorrebbe dire anni di lotta per i diritti buttati all’aria.

Elisa Chiapale

DNA multietnico

                           

Per molto tempo gli europei si sono crogiolati nella convinzione di essere una razza a parte, la “razza pura”, per dirlo con le parole di Hitler, o bianca se si pensa al colonialismo in Africa. L’idea che, nonostante l’essere umano sia nato nomade e non abbia mai smesso davvero di spostarsi, gli europei discendano da un unico popolo, il vero sovrano di queste terre, non ci ha mai abbandonati; persino ora crediamo che l’arrivo dei migranti odierni possa toglierci ciò che riteniamo essere nostro. Ma noi discendiamo davvero da un unico popolo originario dell’Europa? La risposta ci viene fornita dalla paleogenetica, cioè lo studio del passato tramite l’analisi dei resti di antichi organismi e del materiale genetico in essi contenuto. Negli ultimi anni è stato scoperto e perfezionato il modo di sequenziare il genoma (il complesso dei geni di una cellula o di un organismo) dei nostri antenati, in pratica dall’analisi dei resti di uomini vissuti decine di millenni fa si è ora in grado di capire, per esempio, quale fosse il colore dei loro occhi o dei loro capelli o da cosa fosse composta la loro dieta. Grazie a queste strabilianti scoperte possiamo ora affermare che non è mai esistita una razza “pura” europea, ma che, anzi, discendiamo da un incredibile mosaico di popoli diversi e principalmente da tre di essi. 
Sappiamo tutti che la vita umana nacque in Africa e che i nostri antenati da lì si espansero poi in tutto il mondo. Gli Homo sapiens giunsero in Europa circa 45 mila anni fa passando attraverso il Medio Oriente, qui si erano già insediati i Neanderthal che venivano anch’essi dall’Africa e vivevano nelle zone più calde del continente a quel tempo ghiacciato. Alcuni studi dimostrano che circa il 2% del DNA di un europeo contiene tracce di quello dei Neanderthal che scomparvero lasciando il posto agli Homo sapiens. Secoli dopo si diffuse in Europa un’enorme innovazione nella storia dell’uomo: l’invenzione dell’agricoltura, nata, secondo gli storici, o nel Medio Oriente o in Turchia. Alcune ricerche dimostrano che in Anatolia, in Turchia, gli uomini coltivavano farro e farragine già all’inizio del Neolitico e il DNA di questi contadini preistorici è stato ritrovato in tutta Europa nei luoghi dove si diffuse per la prima volta l’agricoltura. Questo dimostra che i contadini anatolici migrarono espandendosi in Europa e portando con loro le preziose conoscenze acquisite che modificarono poi il corso della storia umana. 

                             Risultato immagini per grano

Gli Homo sapiens africani e i contadini anatolici vissero in pace per qualche tempo, ma improvvisamente, 5.400 anni fa, la popolazione europea si ridusse drasticamente per ragioni a noi sconosciute e quando, 500 anni dopo, la situazione prese a migliorare in Europa era nata una nuova cultura detta “della ceramica cordata” a causa delle decorazioni che imprimevano con una corda sull’argilla bagnata. La paleogenetica ha dimostrato che il DNA della popolazione della ceramica cordata non somigliava a quello dei contadini anatolici, ma piuttosto a quello presente nei nativi americani, un mistero svelato grazie all’analisi delle tombe di questo nuovo popolo che somigliavano molto a quelle di una popolazione chiamata Yamnaya. Gli Yamnaya (lontani parenti dei nativi americani) erano un popolo nomade proveniente dalle steppe della Russia meridionale che sapevano domare i cavalli e costruire ruote per i loro carri, innovazioni che portarono con loro quando migrarono verso ovest e diedero origine al popolo della ceramica cordata. 


                          


Gli europei discendono dunque principalmente da questi tre popoli: gli Homo sapiens africani, i contadini anatolici e gli Yamnaya. Il DNA di un europeo contiene in parti uguali il DNA degli ultimi due popoli e una parte più piccola di quello degli uomini provenienti dall’Africa, quantità che variano in base alla zona in cui ci troviamo.
Noi europei siamo sempre stati un crogiolo di popoli e culture e da qui deriva la nostra ricchezza, da qui veniamo noi.

Chiara Tuberga

lunedì 8 febbraio 2021

Incontro con Telefono donna - assemblea di Natale

Per l’assemblea scolastica prima delle vacanze di Natale, che si è svolta il 22 dicembre, i rappresentanti d’istituto hanno organizzato diversi incontri ai quali ognuno di noi poteva iscriversi in base ai propri interessi.

Entrambe abbiamo deciso di partecipare al laboratorio contro la violenza sulle donne tenuto da alcune volontarie dell’organizzazione cuneese Telefono Donna che si occupa da oltre 20 anni di accogliere, ascoltare ed aiutare le donne che subiscono violenze in particolare modo nell’ambiente domestico.

La violenza contro le donne, come tutti purtroppo sappiamo, rappresenta una violazione dei diritti umani e nonostante si siano fatti, nel nostro Paese, alcuni passi avanti per la lotta contro le discriminazioni e le violenze, questo fenomeno rimane una problematica ancora molto attuale.

L’incontro è stato a nostro parere molto interessante e ci ha offerto molti spunti di riflessione anche perché le volontarie sono partire con farci notare che le origini di questa forma di violenza si trovano in primo luogo nella nostra vita quotidiana. Siamo partiti dunque dal riconoscere i principali stereotipi di genere e le volontarie sono state molto abili nel farci comprendere che questi non possono essere e non devono diventare in alcun modo giustificazioni di violenza. Per prevenire la violenza è necessario partire riconoscendo le sue radici culturali e le sue cause: infatti, spesso i ruoli che uomini e donne occupano nella società risultano essere tradizionali e rigidi conferendo all’uomo più potere sul genere femminile. Ciò non porta soltanto all’elevato rischio per la donna di subire violenza ma anche di non riconoscerla quando ne è vittima.

Nella seconda parte dell’incontro le volontarie ci hanno illustrato come funziona a livello pratico l’organizzazione Telefono Donna.

La loro attività principale è rivolta all’ascolto, all’accoglienza, e all’accompagnamento delle donne che le contattano e il loro compito è quello di garantire la riservatezza e, se la donna lo desidera, l’anonimato senza che le donne in difficoltà si sentano in alcun modo giudicate anche sulla base di pregiudizi.

In base alle esigenze e alla situazione specifica di ogni donna si intraprende un percorso differente garantendo sempre la massima riservatezza e tutela.

Il primo contatto che ha la volontaria con la donna è solitamente un colloquio telefonico o in presenza mirato all’identificazione delle problematiche, la valutazione dei bisogni e l’inizio di un percorso di accompagnamento.

Le volontarie ci hanno spiegato che questi primi colloqui rappresentano per la donna un’occasione per uscire dall’isolamento e trovare strade concrete per proteggersi e cambiare la sua situazione.

Quello che ci ha colpito è il fatto che molte donne si presentino ai colloqui spesso con sensi di colpa rispetto alla propria condizione e a quella in cui spesso versano i figli e temono che una denuncia potrebbe allontanare questi ultimi da loro o nel peggiore dei casi diventare un pericolo in primo luogo per i bambini. È per questo che molte donne non hanno il coraggio di proseguire il loro percorso e lo abbandonano, fermandosi per esempio ad un colloquio telefonico.

Affinché la donna in difficoltà possa allontanarsi da un contesto di violenza senza pericolo Telefono Donna la sostiene aiutandola a contattare le forze dell’ordine, gli studi legali e gli psicologi.

Inoltre durante l’incontro è stata affronta la tematica del COVID 19 in relazione a questi tipi di violenza. Con l’insorgere dell’emergenza epidemiologica infatti casi di violenza tra le mura domestiche sono aumentati a causa del lockdown e alle difficoltà per le vittime di denunciare. In particolare, molte donne a causa della perdita del loro lavoro durante la quarantena sono diventate economicamente dipendenti dai loro compagni con maggiori difficoltà a sottrarsi alla violenza.

In alcuni di questi casi l’associazione Telefono Donna è stata fondamentale mettendo a disposizione le cosiddette case rifugio ossia strutture che forniscono, gratuitamente, alloggio sicuro alle donne che subiscono violenza e ai loro bambini per proteggerli e salvaguardare la loro incolumità.

Le volontarie hanno affermato e noi concordiamo che proporre incontri nelle scuole per combattere discriminazioni e stereotipi di genere conduce a educare alla parità tra uomo e donna e quindi permette di contrastare la violenza di genere.

Arianna Lovera e Anna Paruzza

I balletti Tik Tok sono la nuova forma di allenamento?

Quest'anno purtroppo molti sport si sono dovuti momentaneamente fermare a causa del Covid-19 e adesso pian piano alcuni sono potuti riniziare. Ma torniamo ad alcuni mesi fa anzi...... Torniamo indietro di quasi un anno...insomma pieno lockdown! Non c'era anima viva in giro se non quelle poche persone che per fortuna potevano andare a lavorare. Molte persone hanno vissuto questi mesi con allegria e spensieratezza , altre purtroppo con perdite e malinconia...ma siamo qui per parlare di sport! Ammettiamolo dai, tutti noi abbiamo preso qualche chiletto. Anche perché l'unica cosa che si poteva fare era cucinare: ti alzavi al mattino e pensavi a cosa potevi cucinare per il pranzo e ,quando ancora eri ancora seduto al tavolo, pensavi già alla cena... Per fortuna alcuni hanno avuto avuto autocontrollo sul cibo oppure, detto tra noi, hanno trovato un bancone del lievito già svuotato. In ogni caso sono riusciti a mantenersi in forma...
Allora a questo punto direi che possiamo dividere la società in tre grandi gruppi.
I primi sono quelli che seguivano le dirette di allenamento sui social o dal proprio personal trainer. Sono quelli che sì, hanno preso qualche chiletto... ma di muscolatura!! sono quelli che tutti invidiano...
I secondi sono le persone con la volontà avrebbero voluto seguire le dirette di ginnastica: erano pronte, con attrezzi, tappetino e vestiti sportivi...ma poi...iniziava la diretta, loro gasatissimi per i primi cinque minuti, per poi ritrovarsi seduti sul divano con l'aperitivo a guardare il personal trainer che faceva allenamento e ad invidiarlo!!
I terzi sono quelli più divertenti (eh si! facevo parte di quel gruppo anch'io... ma non ero di certo sola!!)
Bando alle ciance, Il gruppo più numeroso che faceva?! C'era chi per allenarsi giocava a pallone con la carta igienica, c'era chi giocava a bowling con le bottiglie di plastica vuote e ovviamente... la CARTA IGIENICA (su dai, era l'unica cosa rotonda che si poteva usare in casa senza che la mamma iniziasse ad urlare "attento al quadro!" o ancor peggio "Attento al vaso con le ceneri della bis bis bis bis nonna!!"). C'era chi poteva allenarsi all'aperto (ovviamente solo i più fortunati che avevano un giardino) ma che alla fine si ritrovavano sul lettino a prendere il sole.
C'è chi era alternativo e si inventava le peggio cose, come le due ragazze che giocavano a tennis da un terrazzo all'altro..( e qua, mi sorge una domanda... e quando la pallina cadeva?)
Trovavi anche quelli che provavano le Challenge di Tik Tok!! Come quella della sedia o far star da sola la scopa in piedi, o che facevano gli scherzi alla propria famiglia (mamma mia che risate😂) oppure quelli che alla fine provavano realmente a FARE i Tik Tok (e non guardate me!! Io sono bravissima!!)
Però diciamocelo, alla fine erano quelli del primo gruppo che ci illudevano! Li vedevi lì, a fare esercizi a ritmo di musica, lo facevano sembrare di un facile che ti veniva la voglia di provare!... Poi però, quando ci provavi realmente... Ecco, diciamo che non veniva uguale...
Alla fine eravamo tutti felici e soddisfatti, no? Chi con il suo bicchiere di aperitivo, chi con il tappetino e i pesi in mano, chi invece a fare Challenge stupide su Tik Tok... Beh io lo ero, anche se nel “calcio della carta igienica” me la sono presa in faccia e alla piramide umana sono caduta "solo" quella quindicina di volte ... ( un'altra delle tante challenge che girava).
Questo periodo non è stato dei migliori, è vero...ma ho cercato di vedere il lato positivo e divertente di quest'anno per non scrivere sempre la solita storia del Covid, dei lockdown, delle restrizioni, della chiusura di molti locali,palestre,piscine.. spero che vi abbia strappato un sorriso e che vi abbia distratto quei due minuti dalle cose negative che il2020 ha portato... Vedete sempre il bicchiere mezzo pieno perchè fa veloce a svuotarsi del tutto. Per oggi è tutto dalla rubrica sullo sport!
Anzi,un'ultima cosa... E tu? a che categoria appartenevi? Alla prossima, sportivi XOXO
Alice Socco



Apparenze

Immaginiamo di essere in una piazza stracolma di persone. Questa piazza la dobbiamo attraversare e appena iniziamo il nostro tragitto incrociamo lo sguardo di un ragazzo piuttosto giovane, capelli biondi alle spalle. Occhi castani vispi e aria da chi vuole sfidare chiunque gli passi davanti, tipico mezzo sorriso di chi ha voglia di ridere in faccia al mondo. Jeans larghi e camicetta di flanella, sembra aver appena abbandonato una festa old school. Facciamo pochi passi in più e un gomito ci urta un braccio, giriamo appena in tempo la testa per vedere una donna sulla trentina, tutta di fretta che sgomita borbottando per passare. Indossa un tailleur color topo, tacchi dello stesso grigio che ad ogni passo di sicuro producono un rumore che troveremmo piuttosto urtante, se il vociare non lo coprisse. I capelli sono semi raccolti in una pettinatura che certamente alla mattina era impeccabile, di cui però ora non rimane che il ricordo. Si trascina dietro un bambino sui tre anni che sembrerebbe preferire un appuntamento dal dentista che essere qui adesso. Una frangia castana troppo lunga gli cade sugli occhi, spettinata, e varie chiazze d’erba sui pantaloncini suggeriscono che il pomeriggio alla scuola dell’infanzia è stato decisamente soddisfacente, nonostante adesso abbiano la meglio le lamentele per il peso dello zainetto che porta sulle spalle. Continuiamo la nostra traversata, fino a che quasi non inciampiamo su una ragazza che inseritasi ora nella folla si ferma di punto in bianco, smarrita. Ha qualche libro sotto al braccio, che ora sposta e stringe al petto ed uno zaino sulle spalle. Jeans e felpa molto casual, i capelli lasciati sciolti e un po’ arruffati indicano che probabilmente del suo aspetto fisico non si cura un gran che. Ci guarda un secondo intimorita, mormorando uno “scusa” praticamente inudibile. La raggiunge di corsa un’altra ragazza, piú alta di lei, capelli corti, castani con qualche striscia di blu sul davanti, in tinta con gli occhi. Pantaloni militari e giacchetta di jeans. Le dà una pacca sulla spalla, avvolgendola poi in un un mezzo abbraccio e dimenticando il braccio attorno a lei. Intraprende subito una conversazione, tono forte e sorriso stampato in faccia, trasuda decisione e sicurezza da tutti i pori. Riprendono a camminare davanti a noi e cosí riprende la nostra traversata, finalmente usciamo da quel caos.

Quanti dettagli di ognuno ci sono serviti per immaginarci la loro personalità? Un singolo sguardo un po’ accurato ad una persona spesso ci basta per farci una minima idea di come potrebbe essere a livello caratteriale, ma quante volte è effettivamente azzeccata questa idea? Le prime impressioni possono essere rivelatorie come fuorvianti, pensiamoci: in questa piazza un singolo sguardo ci è bastato per immaginarci il carattere degli sconosciuti in cui ci siamo imbattuti, i loro impieghi, cosa facevano fino a qualche minuto prima, le loro passioni, la loro vita sociale, la loro sessualità e tanto altro ancora. Ma quanto dell’immagine che ci siamo fatti di loro è effettivamente vero? Siamo davvero sicuri che il ragazzo che abbiamo incontrato sia veramente insolente come sembra? La donna che si trascina dietro il bambino è davvero sua madre o è una parente? Magari è un’amica di famiglia che non apprezza particolarmente i bambini. La ragazza bassa e piena di libri è davvero incurante del suo aspetto in generale o è solo una giornata “no” la sua, e l’altra ci sta davvero provando con lei? È inevitabile trasmettere dettagli di sé tramite cosa si indossa o il linguaggio del corpo, ogni singola particella di noi canta un nostro tratto, ma spesso questi particolari fanno trarre conclusioni affrettate che si rivelano sbagliate. Capita molto spesso di sentirsi dire “non sembri essere cosí”, di conoscere qualcuno aspettandosi un determinato comportamento e poi scoprire di avere davanti tutt’altra persona. I nostri gusti non definiscono totalmente chi siamo, non fino in fondo almeno: “non sembri il tipo che ascolta questa musica”, “non sembri il tipo da queste letture”, “non sembri il tipo che indosserebbe questi vestiti”, non sembri, non sembri, non sembri,... Siamo direi troppo legati all’immagine e al primo impatto e troppo poco interessati alla vera personalità di ognuno ed il fatto che spesso uno non scelga ciò che gli piace veramente ma ciò che gli altri si aspetterebbero da lui è terribilmente limitante. Se imparassimo a rompere gli schemi, rendendo il nostro “esterno” come piace a noi, senza preoccuparci che rispecchi la nostra personalità o solo il nostro gusto estetico, non vivremmo decisamente meglio?

Elisa Giordano


sabato 6 febbraio 2021

Inception - cosa ci dicono i sogni?

“Il sogno è un fenomeno psichico pienamente valido e precisamente l’appagamento di un desiderio”

Questa frase la pronunciò lo psicanalista Sigmund Freud, dopo uno studio profondo della mente e dei sogni.

Da allora la mente,è diventata sempre di più oggetto di studio in tutte le parti del mondo.

Alcuni scienziati si sono posti la domanda, ma perché quando dormiamo sogniamo? Da dove nascono i sogni?

Il team di studiosi ha monitorato l’attività elettrica del cervello di 32 persone in una clinica del sonno per un periodo che variava da 5 a 10 notti. I partecipanti venivano svegliati spesso per riferire le loro esperienze riguardo ad eventuali sogni fatti mentre dormivano.ricercatori volevano sapere se ricordavano parte del sogno, il sogno completo o se non ricordavano nulla.

L’équipe ha scoperto che durante l’esperienza onirica una parte del cervello tende ad attivarsi in maniera significativa. Questa zona è localizzata nella regione parieto-occipitale della corteccia cerebrale. Sembrerebbe essere il correlato neurale dei sogni.

Quando quest’area viene stimolata durante la veglia, si ha la sensazione di “essere in un mondo parallelo o in un sogno”. 

Ma quindi, il cervello ci inganna? 

Questa domanda, elaborata e studiata  dai migliori neurologi degli Stati Uniti, è stata fatta da molteplici persone, con l’intento di sapere se ciò che sogniamo è reale o è solo il cervello che ci inganna. 

La risposta è che il cervello non inganna noi, ma è la nostra immaginazione ad ingannare noi stessi.

Il cervello è una macchina straordinaria che  ci trae ogni tanto in inganno facendoci vedere solo quello che c’è nella nostra immaginazione.

Tutto ciò lo possiamo vedere bene attraverso la straordinaria pellicola Inception uscita nel 2010 con il mitico e rubacuori Leonardo Di Caprio. 

La trama di Inception è una delle più contorte mai realizzate da Christopher Nolan, ma proveremo a riassumerne lo svolgimento e spiegarlo brevemente:

Dom Cobb (Leonardo Di Caprio)è un abilissimo ladro, il migliore al mondo quando si tratta dell'estrazione; ovvero il furto di segreti dal profondo del subconscio mentre la vittima sogna. La vicenda ha inizio quando il magnate giapponese Saito assolda Dom Cobb  e il socio Arthur (Joseph Gordon-Levitt) per innestare nel rivale Fisher l’idea di disgregare il suo impero economico. Cobb è conosciuto in tutto il mondo per le sue abilità tanto da essere molto richiesto nel mondo dello spionaggio industriale. Cobb ha così una chance di redenzione: un ultimo lavoro potrebbe restituirgli la sua vita.

La realizzazione della sceneggiatura di Inception ebbe inizio ben dieci anni prima della sua uscita al cinema. È basato tutto sul pensiero che nei sogni ogni sensazione diviene reale e che nel subconscio umano si possono nascondere o creare delle idee. Per questo motivo esistono dei ladri come Cobb.

Inception ha vinto 4 Oscar nel 2011: miglior fotografia, miglior sonoro, miglior montaggio sonoro e migliori effetti speciali . Con un budget di circa 160 milioni di dollari, è stato un grande successo al botteghino incassandone quasi 300. Il film ha anche ricevuto ottime recensioni da parte della critica.

Non è facile comprendere la trama di Inception; ogni spettatore potrebbe interpretarlo in modo diverso, proprio come con un sogno. Difatti anche se non capite la storia nella prima mezz’ora del film, non importa, perché solo dopo la metà dello spettacolo, potrete cominciare a collegare qualcosa. Ovviamente può accadere che siano necessarie più visioni per capirlo meglio e cogliere dettagli secondari. Si può senza dubbio affermare che Inception sia un vero e proprio rompicapo cinematografico.

Il mondo dei sogni che ci mostra il regista è artisticamente complesso e affascinante, al tempo stesso friabile e delicato, tenuto insieme dagli inganni della mente umana. Questo è anche reso possibile dal stupefacente lavoro fatto con gli effetti speciali, riuscendo a sorprendere anche gli spettatori più critici.

C’è poco da aggiungere; Inception è un film da vedere, non lo si può perdere, è un capolavoro.

Terminati i 148 minuti una serie di sentimenti e sensazioni, nonché dubbi e pensieri filosofici vi tempesteranno l’anima e la mente. Vi consiglio di lasciarvi completamente sommergere da questo mondo fantastico ma anche terribilmente realistico. E da dolci sogni.


Alessia Di Rosa

Camilla Somale


Tutto ciò che devi fare è uccidere, facile vero?


TADAIMAAAAA! 

Eccomi qua, sono la ragazza della rubrica “cartoni cinesi per bambini”, solo che oggi  non andrò a recensire un’ animazione, bensì un manga. Per le persone che non sanno  cosa siano e che stanno leggendo questo articolo… per spiegarlo brevemente, i  manga sono fumetti giapponesi, in pratica anime non animati (does it make sense?).  

Questo manga è intitolato “All you need is kill” e l’ho letto circa una settimana fa. Ho  pensato che sarebbe stato carino presentarlo, soprattutto perché è molto corto e di  facile comprensione anche per le persone che non ne hanno mai letto uno. Esso è  formato da due volumi con diciassette capitoli in totale, ma potete anche trovare il  volume unico (che costa anche di meno eheh). 

Il concetto principale è il loop temporale,  

una sorta di immortalità fastidiosa, poiché si  

vive lo stesso momento più volte ed è quasi  

sempre un momento spiacevole, proprio  

come nel caso del protagonista. Egli si trova  

continuamente a ripetere il giorno della sua  

morte, ma facciamo una piccola premessa  

per capire al meglio il tutto. Il MC è un  

novellino che ha voluto arruolarsi nei militari  

per combattere dei nemici molto potenti, che  

però non sono umani. Vengono chiamati  

mimic e sono dei robot che presto raderanno  

il mondo al suolo. Di per sé la storia non è  

nulla di che, soprattutto per gli esperti di  

manga che avranno sentito parlare o avranno  

letto altre mille storie con il concept del loop  

temporale, ma nonostante tutto io non l’ho  

trovata una lettura pesante. Forse lo rende  

interessante il fatto che nel corso della storia  

si andranno a capire meglio gli ingranaggi  

del loop e come fare per poter riuscire a  

sconfiggerlo. 

Dei personaggi principali ho amato il character development, che però non vi è stato  per i personaggi secondari, anche perché sarebbe stato impossibile dato che era  sempre lo stesso giorno (sono perspicace eh?). Nonostante tutto, a rendere  interessanti i personaggi secondari è stata la grafica. L’illustratore è lo stesso di Death  Note e Bakuman: Obata Takeshi. L’illustrazione è ricca di dettagli, dalle armature,  agli ambienti e ai vestiti. I dettagli infatti non mancano nell’arte, ma nella storia in sé.  In ogni caso non si può chiedere troppo da un fumetto così corto. 

Questo manga, “scritto” da Takeuchi, è l’adattamento di un romanzo (anche esso  molto corto) di Hiroshi Sakurazaka. 

Insomma, se volete un manga veloce da leggere, ma che sia anche avvincente, io ve  lo consiglio vivamente (anche perché sennò tutta questa mia recensione non avrebbe  senso :3).  

Per oggi ho finito, tolgo il disturbo. 

Sayoonara (^)ゞ 

Camelia Sanchez


venerdì 5 febbraio 2021

“Il cambiamento climatico”, concorso ghiaccio fragile 2020, terza classificata nella sezione articoli

 Un grande problema sta condizionando a 360° la vita sul pianeta Terra: il cambiamento climatico, che produce effetti sempre più evidenti, come lo scioglimento dei ghiacciai, l’aumento dei gas serra nell’atmosfera, gli incendi di molte zone nel mondo come l’Australia e tante altre conseguenze provocate da noi esseri umani con la nostra noncuranza.

La temperatura del nostro pianeta è salita di ben 1.1° gradi dalla fine del XIX secolo. La maggior parte del riscaldamento si è verificato negli ultimi 35 anni, con i cinque anni più caldi mai registrati dal 2010. Negli ultimi anni si sta cercando di invertire questa tendenza: infatti i diversi Paesi del mondo si sono riuniti in numerosi vertici sul clima, a partire dal 1992 con il vertice a Rio de Janeiro, che però non ha prodotto conseguenze reali, se non qualche patto per l’ambiente, come quello di Parigi del 2015.

La campagna per l’ambiente è stata rimessa in gioco dall’attivista ambientale svedese Greta Thunberg nell’agosto del 2018, che ha provato a muovere le acque creando un vero e proprio movimento con i “Friday for future”, in cui molti ragazzi si riuniscono nelle strade per chiedere più attenzione per l’ambiente. Il 23 settembre del 2019, nel palazzo di vetro dell’Onu a New York, è stata appunto Greta a tenere un lungo e significativo discorso davanti a tutti i più importanti capi di governo mondiali, come Trump. A questo incontro hanno partecipato ben 66 Paesi, 102 città e 93 imprese tra cui Nokia, l’Oreal e Nestlè.

Purtroppo tanti Paesi sembrano non rendersi conto della reale emergenza, come ad esempio gli Stati Uniti, che ne hanno negato l’esistenza, e l’India, la Cina e la Turchia, che vogliono espandere le centrali di carbone ed evitano di affrontarla. Al termine del summit molti Stati hanno comunque preso alcuni impegni: raggiungere zero emissioni di gas serra entro il 2050, contenere l’aumento della temperatura al di sotto dei 2°.

In particolare Svizzera, Danimarca, Norvegia e Svezia si sono impegnate a raddoppiare il loro contributo al green found e Angela Merkel ha confermato un piano del governo tedesco per ridurre le emissioni di anidride carbonica. La Cina ha dichiarato di voler rispettare gli impegni assunti nell’accordo di Parigi e la Russia di rettificare l’accordo di Parigi.

Chiara Moscatiello

Indovina il prof 2!

Bentornati a tutti quanti, cari amici, a una nuova puntata di “Live Non è la D’Urso” ... ops, mi sa che ho sbagliato qualcosa. Beh, rimediamo subito! 

Bando alle ciance e ciancio alle bande, eccoci di nuovo qui, per una nuova Intervista Indovinello ... vediamo se questa volta sarete capaci di “accendere” la risposta giusta, riconoscendo uno tra i vostri amati (o forse odiati?) professori.

E niente scuse, mi raccomando: siamo rientrati dalle vacanze carichi, pronti e belli freschi in vista di quest’anno nuovo... quindi strizzate il cervello, mettete in azione i vostri neuroni e partiamo alla ricerca!

Buongiorno, potrebbe dirci un ricordo della sua infanzia che, in un modo o nell’altro, rimarrà indelebile nel suo cuore?

Beh, senza ombra di dubbio la felicità per lo scudetto vinto dal Torino nel 1976. Decisi di tifare per i granata convinto che avrebbero continuato a vincere. Sto ancora aspettando...

Suvvia prof, la speranza (almeno, da quanto si sa), è l’ultima a morire!

Qual era il lavoro che avrebbe voluto fare da bambino? E qual è il suo sogno nel cassetto più celato?

Da piccolo, volevo fare il giornalista ... mentre, se dovessi rivelare un sogno mai realizzato, potrei dire l’imparare a ballare il tip tap.

Ci potrebbe dire, per favore, qualcosa della sua vita da studente?

Con la scuola, ho sempre avuto un rapporto di rispetto reciproco e stima malcelata, ma mai vero amore... per quanto riguarda lo studio, direi che non mi trovavo in grande sintonia con le materie scientifiche, chimica in particolare.

E in cosa si trova cambiato oggi, rispetto alla sua adolescenza?

Una cosa è certa: ho smesso di spendere soldi per il barbiere!

Questa è bella!

Un’altra domanda: come si descriverebbe da solo e come pensa la vedano gli altri (studenti compresi)? Si considera scaramantico?

Scaramantico no perché, come diceva Umberto Eco, “la superstizione porta sfortuna”. Per quanto riguarda il resto, mi reputo pacifico e tollerante, ma consapevole di poter passare per ingenuo.

Bene, siamo quasi alla fine: il giorno più bello della sua vita è ...

Tra i tanti ricordi belli, direi (siccome temo mia moglie stia leggendo quest’intervista) il giorno del mio matrimonio.

Un saluto alla moglie del nostro prof misterioso!

Dubbio amletico: PRO e CONTRO della quarantena

Pro: non ho mai letto così tanti libri come in quest'ultimo anno. Contro: la DAD non è scuola. È un surrogato che sta alla scuola in presenza come il decaffeinato in polvere al caffè napoletano.

In effetti ...

E, per finire, se potesse rinascere ... cosa rinascerebbe?


C’è da chiederlo? Un giornalista che balla il tip tap e a tempo perso scrive e dirige film di enorme successo commerciale ma anche acclamati dalla critica.

Una scelta alquanto particolare, non trovate?

Avete capito di chi si tratta? Se non lo avete ancora capito, stringete forte forte le meningi e ... alla prossima


Marianna Ballestra, Anna Paruzza, Francesca Isoardi, Camilla Ghibaudo

Haikyuu!! L'asso del Volley

A chi pensa che i “cartoni animati cinesi” siano solo Naruto o Dragonball, posso dire che non conosce per niente il mondo degli anime e dei manga. Ma non preoccupatevi, quest’oggi andremmo ad occuparci di un genere completamente diverso rispetto agli uomini con superpoteri e robottoni spaziali. Ebbene sì perché parleremo di un anime sullo sport, in particolare sulla pallavolo. Se cercate un anime divertente ma dai temi profondi che vi faccia emozionare fin dalla prima puntata, beh Haikyuu fa per voi.

La storia “principale” di quest’anime ruota intorno ad Hinata Shoyo un ragazzo di 16 anni, che dopo aver visto per caso una partita di pallavolo in Tv del liceo Karasuno, rimane colpito da questo sport. Qui, Hinata ancora bambino, nota uno schiacciatore fortissimo, ma più basso della media, per questo soprannominato piccolo gigante. Così il bambino si innamora della pallavolo decidendo di voler diventare come il piccolo gigante, diventato suo idolo. Durante i tre anni delle medie, Shoyo, finalmente parte di una squadra tutta sua, partecipa così al torneo della prefettura dove si trova subito a fronteggiare la rinomata scuola media Kitagawa Daichii, guidata da uno dei più grandi talenti  del Paese, l’alzatore Kageyama Tobio. La squadra di Hinata viene distrutta velocemente, ma il ragazzo ha un talento mostruoso che destabilizza tutti i presenti riuscendo a catturare l’attenzione di alcuni giocatori. Giunto alle Superiori, Hinata si iscrive alla Karasuno per poter seguire le orme del “Piccolo Gigante”. Così incontrerà nuovi compagni e qualche vecchia conoscenza, lo stesso miglior alzatore della prefettura, Kageyama. I due iniziano a collaborare dando vita alla coppia più temibile del intero Giappone. Da lì in avanti appariranno nuovi personaggi, talentuosi compagni di squadra e rivali temibili, tutti legati dallo stesso sogno: vincere la nazionale di pallavolo. Il gioco di squadra è fondamentale per avere successo e permettere alle persone di sentirsi importanti perché, da soli, non si va da nessuna parte, è senza dubbio questo il tema fondamentale di Haikyuu. Solo grazie alla squadra al completo, alla crescita di ogni membro e alle fatiche di ognuno di loro si arriva alla vittoria. Ma la cosa bella di questo anime è proprio che non è incentrata sul protagonista ma su tutti i personaggi, anche quelli di cui non ricorderai mai il nome. Ogni singolo personaggio viene introdotto nei minimi dettagli con la sua storia, il suo carattere e le sue abilità, anche coloro che possono essere considerati gli antagonisti, ovvero i rivali, ma non arriverete mai a considerarli “nemici”. Grazie a ciò l’immedesimazione è pefetta con ognuno di loro, qualcuno più di altri e si arriva persino a percepire la loro tensione o stanchezza durante un match.

Ovviamente si legge (anche i fumetti) per svagare con la mente e cosa c’è di meglio di una realtà abbastanza vicina da farci sentire partecipi ma altrettanto fantasiosa da farci sognare e toglierci dal piattume della monotonia quotidiana? La bellezza di questa storia è che, proprio perché non sono supereroi, possiamo identificarci e condividere sogni, passioni ma anche sconfitte e delusioni. Personalmente ho pianto ogni volta che una squadra ha perso. Anche le partite in se sono reali, dandoti inoltre delle piccole lezioni di teoria su questo sport, perfettamente spiegata. Mi sono innamorata della pallavolo dopo averlo visto, avevo anche intenzione di iniziarla e forse lo farò ma, per adesso, preferisco stare in casa a guardare anime e leggere manga. Ma oltre alle lezioni di pallavolo anche quelle di vita sono presenti, in ogni stagione ti lasciano nuovi insegnamenti, come quello dell’unione che fa la forza; tutti possono sempre migliorare e lottando per inseguire i propri sogni si avvereranno.

C’è poco da aggiungere, quest’anime è semplicemente stupendo, e ammettiamolo, rende la pallavolo molto più cool di quanto sia nella realtà, forse fin troppo. Anche se ormai è composto da quattro stagioni, ogni singolo episodio è interessante e appena si entra appieno nella storia, scorrono così velocemente che arriverete in un lampo alla fine pronti per la quinta stagione.

Camilla Somale

Parità delle menti

Cos’è il femminismo? Vi starete chiedendo perché io sia qui a parlare di un argomento sentito e risentito all’infinito. Ecco ne parlo perché tante persone nonostante le ripetute spiegazioni, sembra che ne fraintendano ancora il vero e proprio significato. Infatti molte persone pensano che le donne che lottano per i propri diritti, sono delle estremiste che aspirano ad un mondo estremamente femminista in cui viene completamente eliminata la figura maschile. Invece non è affatto così, il femminismo non è questo. Esso è un movimento che aspira a conquistare per la donna la parità dei diritti di qualsiasi tipo, dai diritti sul posto di lavoro, a quelli legati al mondo della politica. Sono d’accordo con il fatto che tante donne, come tanti componenti di molti movimenti esistenti in questa terra, tendono ad estremizzare la propria idea all’ennesima potenza, anche in campi in cui di

antifemminista non c’è proprio nulla.

Inseguito mi ferisce il fatto che le femministe vengano viste sotto questa cattiva luce. A parer mio, alcune di esse cercano di agire pacificamente, ma alla fine tendono ad estremizzare un po’ troppo perché ormai sono stufe di vivere in un mondo in cui sfortunatamente, non c'è ancora la parità dei generi; nonostante le continue battaglie che le donne hanno fatto nella storia e che continuano a fare ancora oggi.

Infatti, tra le tante battaglie femministe della storia ricordiamo: la battaglia per il diritto di voto femminile condotto dalle suffragette nell’Ottocento e le battaglie per i diritti femminili sul lavoro, per violenze, per pornografia, per i diritti riproduttivi e quant’altro.

Ma oggi esiste ancora questo divario tra i due sessi? Nonostante i grandi passi raggiunti resta ancora questo divario attraverso atti discriminatori che ledono la femminilità di molte donne.

Le differenze che vediamo frequentemente sono ad esempio quelle sul posto di lavoro, dove molte posizioni vengono ancora occupate solo da uomini, o comunque spesso pur rivestendo una stessa posizione lavorativa, c’è ancora un grosso divario per quanto riguarda la differenza di stipendio tra i due stessi.

Un’altra consuetudine errata è il fatto che molto spesso la donna debba occuparsi di tutte le faccende familiari; ma in casa ci sono anche gli uomini giusto? Perché non possono contribuire anche loro? In tanti rispondereste “questi lavori spettano solo alla donna” oppure “ormai è da millenni che si fa così”: eliminiamo questi stereotipi! Le donne non devono essere “schiave” della famiglia, anche loro hanno bisogno del tempo da poter dedicare a loro stesse e hanno bisogno di avere la propria indipendenza economica.

Le donne chiedono solo di poter essere trattate come gli uomini, non chiedono altro; esse chiedono i diritti perché non li hanno ancora al 100%, nonostante le ripetute proteste.

In quanto donna penso che se cominciamo ad allevare le future generazioni con una mentalità più aperta e paritaria sin dall’infanzia, arriveremo un giorno a non fare più differenze tra i vari sessi pur mantenendo chiara la nostra identità. Infine sprono le generazioni future a lottare per i propri diritti in modo pacifico senza sovrastare le idee altrui e spero che esse possano vivere in un mondo nettamente migliore di quello di oggi.

Chiara Moscatiello

giovedì 4 febbraio 2021

Una legge per la felicità

Si parla spesso di discriminazioni, da quelle razziali, a quelle etniche, religiose, identità di genere e orientamento sessuale; ma in questo articolo vorrei evidenziare in modo particolare questi due ultimi aspetti.

In Italia abbiamo una legge che difende la comunità lgbt+ da queste discriminazioni? Ebbene no, L’italia è uno dei pochi paesi europei a non avere una legge che tuteli questa comunità.

L’Italia, un paese sempre più retrogrado, non ha ancora una legge che protegga le persone che scelgono di essere felici, nonostante siano diverse dalla massa. Ma non demordete cari seguaci della comunità rainbow, per fortuna c’è Alessandro Zan, deputato del partito democratico che, verso la fine del 2019, ha presentato al Parlamento un disegno di legge contro l’omotransfobia, che tuttora sta portando avanti col suo team; speriamo possa vedere la luce una legge della quale si parla da una ventina d’anni.

Perché è stata presentata questa legge? Nell’ultimo periodo in Italia sono aumentate esponenzialmente le denunce per discriminazioni; infatti solo nel 2020 si sono registrati ben 64 episodi di omotransfobia, che corrispondono a circa 5 aggressioni al mese. Un dato sconcertante: ma nonostante questi dati la comunità lgbt+ italiana, nel 2016 è riuscita ad ottenere il diritto dell’unione civile (dove due persone dello stesso sesso possono unirsi civilmente).

Tornando alla legge, essa prevederebbe solo un’estensione di una legge già esistente dal 1993, cioè la legge Mancino, che sanziona e condanna chi ​commette violenza o atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. L’estensione contemplerebbe quindi l’aggiunta dell'orientamento sessuale e dell’identità di genere.

Però questa legge non ha avuti i consensi da tutte le forze politiche; infatti alcuni leader di questi partiti hanno ridicolizzato e sminuito l’importanza di avere una norma che regoli gli abusi e le aggressioni che ogni anno queste minoranze subiscono...addirittura proponendo di scendere nelle piazze a rivendicare una legge contro l’eterofobia...

Ma perchè fare una legge su un tipo di discriminazione che non esiste? Perché fare una legge sulla difesa di qualcuno che già gode di diritti? Io sono del parere che è giusto esprimere la propria opinione ma senza calpestare la libertà degli altri. E da qui possiamo trarre questa frase: dove finisce la tua libertà, inizia la mia.

Quindi Zan vuole permettere a gay, lesbiche, transessuali e quant’altro, di poter vivere con la consapevolezza che se mai venissero discriminati, verrebbero protetti come tutti gli altri cittadini italiani.

Sorge un’altra domanda: ma perché c’è bisogno di fare una legge per delle persone che amano al di fuori degli schemi tradizionali? Questa è una delle tante domande alle quali non trovo una risposta. Secondo me non ci sarebbe bisogno di una legge di questo tipo se gli uomini non fossero così “ignoranti” da sottolineare ogni volta le diversità dell’altra persona; ciò non vale solo per la comunità rainbow, ma anche per le persone di diversa nazionalità o religione.

Pensiamo ai figli, agli amici o alle famiglie delle persone omosessuali o transessuali, come reagirebbero se la propria persona cara venisse discriminata dalla società? Non è un argomento semplice da affrontare, e per questo c’è bisogno di questa legge; non serve solo alle persone discriminate, ma anche alle persone care che gli stanno attorno.

Per fortuna a novembre la camera ha approvato la legge e quindi mancherebbe solo l’approvazione del Senato, ma questo processo è stato rallentato dalla crisi di governo dell’ultimo periodo. Quindi in questo momento la legge si trova appesa a un filo, ma incrociamo le dita e speriamo che questa legge venga approvata, così da consentire alle persone lgbt+ di vivere una vita tranquilla senza la paura di uscire allo scoperto nei luoghi comuni.



Chiara Moscatiello






Disagi per l'organizzazione nella scuola

Ormai siamo vicini alla fine di questo anno scolastico, molti studenti e professori come me hanno notato svariate problematiche all’interno ...