martedì 9 febbraio 2021

Telegram: L'incubo che continua a crescere

         

Oramai si parla sempre più spesso dei gruppi che si sono venuti a creare su telegram e della scia di schifezze che si sono portati appresso. Ebbene, anche se penso che ormai ne avrete talmente tanto sentito parlare che ne avrete le scatole piene, secondo uno studio di Amnesty International in Italia una donna su cinque ha subito molestie e minacce online quindi penso proprio che non se parli mai abbastanza.
Non scherzo quando dico che il numero dei gruppi di telegram da maggio a novembre 2020 sia triplicato; infatti, secondo uno studio di “Permesso Negato” un’associazione che si occupa di dare sostegno alle vittime di violenza online, i gruppi telegram sono passati dall’essere 29 a maggio all’essere 89 a novembre. In questi gruppi ci si scambia foto di diverso genere: dalle foto intime delle ex fidanzate, con ovviamente il corredo di nome cognome profili social e molte altre informazioni personali, alle foto di ragazze trovate a random sui social, spesso e volentieri in costume, ma anche foto intime di bambine e bambini spesso figli di coloro che condividono questo materiale. Tutte queste foto vengono trattate come fossero una merce di scambio, cose che servono solo allo scopo di provare piacere e non come materiali che potrebbero potenzialmente rovinare la vita di qualcuno. Oltre a queste foto possiamo trovare anche frasi che fanno rabbrividire come ad esempio “Posso dire che sono pro al femminicidio?” oppure “ Questa situazione è solo colpa nostra e dei nostri nonni che ogni anno hanno dato più libertà alle donne quando invece è risaputo che sono solo delle custodie per il c...” , ma potrei farvi moltissimi esempi di frasi anche molto più forti di queste. Dietro queste frasi si celano persone come noi che magari abbiamo anche incontrato, lì dentro ci sono anche persone con dei figli o magari con delle sorelle o delle cugine. E ancora c’è chi sui social dà la colpa alle ragazze perchè “non ve la siete andata a cercare, ma se non aveste messo la vostra foto in costume non sarebbe successo” oppure altre ragazze che dicono “E’ un maschio è normale che faccia queste cose”.
Basta, basta accusare le ragazze, colpevolizzarle per azioni che non erano sotto il loro controllo e d’ora in poi invece di insegnare alle femmine a non vestirsi provocanti per non attirare l’attenzione o per non “andarsela a cercare”, insegnamo ai ragazzi che un vestito un po’ più corto o una maglia più scollata non significa che le ragazze diano il loro consenso, e non è una foto che si posta sui social a permettergli di poterla condividere su dei gruppi per farci poi chissà cosa. Dimostriamo di esserci evoluti e non di star tornando indietro, perchè questo vorrebbe dire anni di lotta per i diritti buttati all’aria.

Elisa Chiapale

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