mercoledì 31 marzo 2021

Più di un sasso nello spazio- le montagne

Quiz sui ghiacci: soluzioni
  • Risposta 1: il ghiacciaio Perito Moreno si sposta ogni giorno di 2 metri sul lago Argentino
  • Risposta 2: la Crystal Cave si trova nel ghiacciaio islandese Vatnajökull, la quarta massa di ghiaccio al mondo tenendo anche conto dell’Antartide
  • Risposta 3: Il ghiacciaio più alto d’Italia è il ghiacciaio dell’Adamello che misura circa 3530 metri.
  • Risposta 4: Le frittelle di ghiaccio sono delle placche di circa un metro di diametro.
Tema del mese: le montagne
Ogni crepa e ogni piccolo rilievo è diverso da tutti gli altri, per quanto piccole in confronto, per esempio, ai 25 Km di altezza del Monte Olimpo su Marte, le nostre montagne sono ancora in grado di toglierci il fiato, vediamone alcune!
  • La Torre del Diavolo si trova nello stato del Wyoming (Stati Uniti) ed è formata da centinaia di pilastri di basalto. La montagna è sacra per i Lakota, i Cheyenne e i Kiowa e furono proprio i Lakota a darle il nome originale che fu poi tradotto erroneamente come “Torre del Diavolo”. Secondo te quale di questi era il nome originario?

                            1. Picco dell' Aquila
                            2. Torre dell' Orso
                            3. Dente dell' Orso
  • La Vinicunca è anche detta la “montagna dei sette colori”, infatti le sue pendici sono striate di rosso, rosa, giallo, bianco, nero, verde e marrone. I colori sono dovuti alla sedimentazione di minerali nel corso dei secoli. Sai dire dove si trova questo monte multicolore?

                            1. In Perù 
2. In Australia
3. In Messico
  • La montagna più alta del sistema solare si trova su Marte raggiunge i 25 km di altezza, paragonato alle montagne terrestri, è pari a circa tre volte l'altitudine del Monte Everest e ha un diametro di 610 km. Sapresti dire qual è il suo nome? 
1. Monte Olimpo
2. Eiger
3. Wetterhorn
  • La Bisalta, uno dei monti più famosi della provincia di Cuneo, è una montagna delle Alpi Liguri che si trova tra la Valle Pesio e due brevi valli dei torrenti Colla e Josina. Secondo te all’incirca quanto è alta?

1. 2000 m
2. 2200 m
3. 2600 m

Troverete le risposte nel prossimo numero!

Chiara Tuberga, Francesca Isoardi


Storie sui "nuovi giganti"

Shingeki no kyojin, così lo chiamano i veri intenditori, ma anche tradotto in Attack on Titan o L’attacco dei Giganti, è un cult nel mondo degli anime e dei manga. 

È un manga, diventato anime nel 2013, del genere dark fantasy, post apocalittico e fantapolitico scritto e disegnato dal maestro Hajime Isayama, famoso per “divertirsi” della sofferenza dei suoi spettatori ogni volta che un personaggio della serie muore. 


Penso che molti di voi abbiano già sentito nominare quest’anime almeno una volta da qualcuno. AOT, Attack on Titan, è uno di quegli anime perfetti per entrare nel mondo degli anime perché ha un grande fandom e la trama prende subito; non bisogna però pensare che sia banale o adatto ad un pubblico infantile. Al contrario è molto complicato e non adatto ai deboli di cuore. Bisogna anche dire, però, che è uno di quegli anime che vi tiene attaccati al televisore dall’inizio alla fine delle quattro stagioni ancora in corso.  Perciò di cosa parla?


 


La trama generale può sembrare molto semplice ma andando avanti le cose si complicano in un modo inaspettato. 

In un mondo alternativo, una piccola parte della civiltà umana si è salvata dall’estinzione, dovuta agli attacchi dei giganti, creature umanoidi molto alte, prive di intelligenza e che si sfamano degli umani, chiudendosi all’interno di tre mura più alte dei giganti stessi e indistruttibili; beh almeno fino all’arrivo del “gigante colossale” e “quello corazzato”. 

Per proteggersi da eventuali attacchi dei giganti sono stati istituiti tre ordini militari: Il Corpo di Guarnigione, il Corpo di Gendarmeria e il Corpo di Ricerca, specializzato nello studio dei giganti al di fuori delle mura. 

La storia ruota intorno ad un ragazzo di nome Eren Yeger, che fin da bambino voleva entrare a far parte del corpo di ricerca per salvare l’umanità da quella gabbia infernale. Durante l’attacco dei due giganti anomali, che riescono facilmente a distruggere il muro più esterno, Wall Maria, la madre di Eren viene mangiata da un gigante mentre il piccolo protagonista si salva, insieme a sua sorella adottiva Mikasa Ackerman e l’amico d’infanzia Armin Arlert. A distanza di cinque anni, i tre amici entrano a far parte della squadra di ricerca, non sognandosi lontanamente quello che gli accadrà.

Non preoccupatevi se non capirete nulla all’inizio, è normale. La trama si fa sempre più fitta venendo arricchita da ulteriori misteri più si prosegue con la visione. Questo è senza dubbio uno dei suoi pregi, i misteri non sono casuali e gli indizi verranno ripresi sempre e comunque nell’opera rendendo il tutto sempre più oscuro e complicato da comprendere. 

I disegni sono davvero ben fatti, difatti i giganti fanno davvero paura talmente sono inquietanti, e i personaggi femminili, come quelli maschili, non hanno delle caratteristiche stereotipate classiche degli anime. 

Le parti più apprezzabili sono la caratterizzazione dei personaggi che è molto ben fatta, così come lo spessore dei personaggi, da quelli principali a quelli secondari. Le loro reazioni, emozioni, la loro storia, non lasciano affatto indifferenti, e sono uno dei punti di forza principali. Molte volte è inevitabile empatizzare con loro, arrivando quasi a giustificare tutte le loro azioni.

Senza dubbio le colonne sonore sono un punto di forza di Attack On Titan, che rendono indimenticabile ogni scena da quelle di azione a quelle drammatiche. Anche le sigle sono tutte stupende, io come la maggior parte del fandom abbiamo amato quella della seconda, Inno di Mameli fatti proprio da parte. 

Guardando quest’anime si diventa più patriottici di quanto lo si sia rispetto alla propria nazione e pronti a sacrificare il vostro cuore a seguito del Capitano Erwin per proteggere le mura.


Camilla Somale 

Indovina il prof 4!

Eccoci qua di nuovo ad un nuovo episodio di “INDOVINA IL PROF”. Bando alle ciance e spremete le meningi per questo nuovo/a prof amato/a (o forse odiato/a?) da tutti voi.


Iniziamo subito:


Qual è il ricordo più bello della sua infanzia?


Ho praticamente tutti ricordi belli. Nella mia vita ho avuto una famiglia amorevole e tanti amici con cui giocare. Però i miei ricordi più belli sono legati ai giorni d’estate ad esplorare il bosco con mio padre e i miei fratelli.


Che lavoro voleva fare da piccola/o?


Da piccola/o volevo fare l’archeologa/o.


Ci potrebbe dire, qual’era il suo rapporto con la scuola quando era ragazza/o?


Ottimo, mi è sempre piaciuto studiare ed imparare cose nuove. Sono sempre stata/o la/il primo/a della casa, anche se al liceo condividevo il primato con altri 2 miei compagni.


Cos’è cambiato nel suo carattere rispetto a quando era adolescente? 


Rispetto a quando ero adolescente sono più forte e più consapevole. Ho capito che solo il perdono (da chiedere e da dare) ci può rendere veramente liberi.


Come pensa la vedano gli altri? (studenti compresi)


Penso non mi vedano, o almeno non mi vedano per quella/o che sono veramente. Per essere sinceri spesso giro sotto mentite spoglie, nel senso che faccio molto la/il finta/o tonta/o ma osservo tantissimo gli altri e a volte sorrido di quello che pensano di me e anche di quello che penso io di loro.


E’ scaramantica/o?


Assolutamente no! E’ ridicolo il solo pensarci.


C’è un momento della sua vita che è particolarmente significativo per lei?


I miei ricordi significativi sono tanti, ma ne ho uno particolarmente significativo. Ero nel bosco dopo un momento difficile della mia vita. All’improvviso sono stata colpita da una luce meravigliosa in mezzo a quel bellissimo verde e tutto il dolore, tutta l’infelicità era sparita. Mi sentivo per la prima volta veramente bene. Ho pensato che avrei potuto morire senza nessun rimpianto.


I pro e i contro della DAD.


L’unico pro che vedo è il fatto che è una grazia che riusciamo a farla in questo momento difficile, per tenere in piedi almeno una parte della “scuola”. Il contro è che non è vera “scuola”, e che la didattica non è fatta solo di parole ma di un incontro che ha bisogno di vicinanza. E’ come vivere una relazione a distanza, non sarà mai come dal vivo.


Siamo d’accordo con lei prof.


Se potesse rinascere come e cosa rinascerebbe?


Mi piacerebbe rinascere col senno del poi, ma questo non è possibile. Penso che alla fine di tutto rinascerei me stessa. Ho avuto una vita piena. Mi è stato dato molto ma mi è anche stato tolto. Ho avuto la possibilità di vedere molte cose e alcune anche straordinarie, ho provato molto dolore ma ho vissuto anche momenti bellissimi. Non ho bisogno di rinascere.


Decisione al quanto particolare.


Avete capito di chi si tratta? Se non lo avete capito spremete le meningi e ci vediamo alla prossima puntata.




Marzia Marenco 


Transessualità- il mondo degli alieni

Errore, progenie del diavolo, scherzo della natura, sbagliato. Questo è ciò che si dovrebbe dire vedendo una pizza con ananas. Eppure, dato che la vita è piena di sorprese e gradini scivolosi, tali appellativi vengono anche assegnati alle persone transessuali. 

Queste sono coloro che non coincidono con il loro sesso biologico, identificandosi in quello opposto. Spesso vengono ritenute dalla parte del torto, per non dire quanti di questi alieni sono sottoposti a terapie e sedute psichiatriche che hanno come unico scopo far loro accettare un corpo in cui non si trovano a loro agio, che odiano e sentono sbagliato. Mi sono chiesta se qualcuno di questi casi avesse avuto un risvolto positivo, ma il tasso di suicidi di persone trans, ancora oggi in aumento, mi ha suggerito l’esatto contrario. 

Per capire meglio di cosa stiamo parlando, proviamo a fingerci scienziati e dottori per qualche minuto. Il termine “transessualità” è stato usato per la prima volta nel 1949, quando il Dottor David Couldwell ne parlò come unica patologia psichiatrica che non poteva essere curata da medicine o farmaci. La soluzione era quindi diagnosticare un disturbo di identità di genere somministrando poi ormoni del sesso opposto a quello anagrafico, seguiti da operazioni chirurgiche per aiutare i pazienti nella transizione. 


Chiaramente ad oggi sappiamo che essere transessuali non significa avere un disturbo mentale (anche se solamente nel 2018 il disturbo di identità di genere è stato cancellato dall’elenco delle malattie che possono causare la morte, ICD), ma molti ancora sottovalutano il malessere emotivo, fisico e mentale che si prova rendendosi conto di trovarsi nel corpo sbagliato. Questo sentimento, ovvero il disturbo di identità di genere, anche detto distonia o disforia, è appunto dovuto all’avere una mente che non combacia con il proprio sesso, causando quindi disagio alla persona.

E’ molto comune pensare che cose come capire il proprio genere o orientamento sessuale non si possano apprendere con certezza fino ad una certa età. Ma chi l’ha detto? Si è infatti studiato che molti alieni prendono coscienza della propria transessualità in età molto giovane, stiamo parlando di bambini o adolescenti. 

Spesso le persone MtF (male to female) e FtM (female to male) non vengono considerate come vere donne o veri uomini, in quanto non sono nate tali.


 Inoltre, negli ultimi anni il livello della prostituzione di coloro che ho appena nominato è notevolmente aumentato, dato che, venendo discriminati, odiati e spesso diseredati da famiglie che non li accettano, non hanno altro modo per pagare i costi altissimi delle terapie di transizione. Fortunatamente, al giorno d’oggi, molti Paesi stanno abbassando e a volte anche rimuovendo del tutto questi costi. E’ importante sapere che, prima di poter intraprendere una somministrazione di ormoni e eseguire operazioni chirurgiche, è necessario completare un ciclo di sedute con uno psicologo, il quale deciderà se la persona è pronta o meno. 


Se volete essere educati e gentili quando state parlando con uno di questi alieni, per cortesia, evitate queste frasi:

  • Qual è il tuo vero nome? Può sembrare una scemenza, ma quando una persona transessuale cambia genere si sceglie un nuovo nome; pertanto usare il così detto “dead name” potrebbe ferirlo molto gravemente.
  • Hai fatto l’operazione? Come ho già detto in passato, it’s not your business e in seconda battuta, se la persona vorrà, te lo dirà lei senza che tu chieda.
  • Quindi non puoi essere eterosessuale? I transessuali cambiano sesso per diventare chi sono realmente, ma questo non c’entra con l’orientamento sessuale.
  • E’ solo esibizionismo. Questa frase mi piace veramente tanto, perchè chiaramente una persona vuole sottoporsi a sedute con psicologo, terapie ormonali, chirurgie, discriminazioni e qualsiasi cosa venga fuori dal cilindro. Direi che non fa una piega. 


Dato che è giunto il momento di liberarvi della mia petulante presenza, vorrei lasciarvi con una frase di Morgan Freeman sull’omofobia, la quale si può però estendere anche alla transfobia.

“I hate the word homophobia. It’s not a phobia. You are not scared. You are an asshole”.

In questo caso, mi avvalgo della facoltà di non tradurre, soprattutto l’ultimo complimento.


Marta Massucco

martedì 30 marzo 2021

Noragami

Konnichiwa! こんにちわ。

Oggi sono qui per presentarvi un anime che ho guardato di recente e che mi è piaciuto davvero tanto. Il titolo è “Noragami”, ha fatto il suo debutto nel 2014, prodotto dal celebre studio Bones. 

Per spiegarvi brevemente la trama, inizierei col presentarvi la protagonista: Hiyori Iki. Ella è una studentessa delle medie che all’improvviso si ritrova coinvolta in un incidente stradale; un autobus l’ha colpita in pieno mentre era intenta a salvare un ragazzo chiamato Yato. Forse più che “Ragazzo” dovremmo dire “Dio”. Da questo momento in poi, la giovane protagonista, proiettata in una strana condizione fisica, inizierà a vivere mille avventure.

Nonostante sia un “battle shonen” sfociante nel dark fantasy, vedremo subito che il nostro caro Dio sconosciuto è molto esilarante. Purtroppo vi porterà a farvi ridere anche in momenti decisamente poco opportuni. Sarà presente anche un terzo protagonista che però arriverà intorno al quinto episodio... perciò non vi spoilero nulla. 

I personaggi sono descritti con molta abilità e nessun dettaglio viene trascurato.





I colori rendono il tutto molto piacevole da vedere (soprattutto per gli occhi di Yato. Wow.), ma anche i disegni fanno il loro spettacolo. 

La canzone presente nella intro della seconda stagione è stata messa in musica da una band chiamata “THE ORAL CIGARETTES”. Perché ve ne parlo? Beh... perché è una delle mie band giapponesi preferite ʅʃ

In conclusione, posso dirvi che per quanto riguarda la prima stagione, la potete tranquillamente trovare su Netflix, mentre la seconda su Animesaturn. 

Spero vi venga voglia di vederla! Ne vale la pena.

Jyaane ( ´ ` )

Camelia Sanchez

Artemisia Gentileschi- Siamo donne

Sin da piccola ho amato guardare mio padre, il pittore Orazio Gentileschi, trasformare la tela bianca in un mondo scaturito direttamente dal suo pennello intinto nei colori, un mondo guidato dal movimento sapiente delle sue dita sporche di vernice. Amavo tanto la pittura che mio padre decise di insegnarmi tutto ciò che sapeva, dal mescolare i colori allo stendere la pittura seguendo i disegni della mia mente. 

Quante sono le donne ricordate, a fianco dei grandi artisti maschi, nel mondo dell’arte? Nella mia epoca, intorno al 1600 d.C., sono davvero poche e soffocate dagli uomini e dalle opinioni della società. Io posso dire con certezza di appartenere al mondo degli artisti allo stesso modo di Caravaggio o Michelangelo perché è all’arte che ho dedicato la mia vita.


Autoritratto


A quindici anni cominciai ad aiutare mio padre nella sua bottega a Roma e a dipingere qualche opera personale. Come era fiero di me! Decise addirittura di affidarmi a un suo collega pittore, Agostino Tassi, perché mi insegnasse l’uso della prospettiva. Agostino era un grande pittore, ma aveva un pessimo carattere e prese a fare pressioni perché io diventassi la sua amante, proposte che rifiutai categoricamente. Povero padre mio, mi aveva affidata ad Agostino per permettermi di diventare la grande pittrice che sognavo di essere, ma quell’uomo, irritato dai miei rifiuti, prese a covare una rabbia bruciante nei miei confronti. Un giorno perse la pazienza e, chiusami a chiave in una stanza, mi violentò. 

Ferita nell’orgoglio e nell’anima andai da mio padre e poi, insieme, denunciammo Agostino alla giustizia. Prima di compiere questo grande passo, però, tergiversai ascoltando le menzogne di Agostino che prometteva di sposarmi per salvare il mio buon nome. Avevo paura, lo ammetto, quell’uomo aveva amici potenti e sapevo che molti di loro avrebbero testimoniato contro di me.

Il processo contro Agostino fu lungo e, come avevo previsto, diverse persone mi accusarono di cose terribili, menzogne che molti raccontarono in giro e che presero a perseguitarmi. Io, però, volevo giustizia e così, quando le autorità giudiziarie proposero di sottopormi alla tortura per verificare la veridicità delle mie accuse, accettai. Mi legarono i pollici con delle cordicelle e poi, grazie all’uso di un legno, presero a stringerle sempre di più intorno alle falangi. Questa era una tortura studiata apposta per me, che ero una pittrice, e che, se avessi perso l’uso delle dita, non avrei mai più potuto dipingere, nessun dolore sarebbe stato più grande di questo. Mentre mi legavano le dita guardai in faccia Tassi e, mentre la rabbia che sgorgava dalla ferita che mi aveva provocato mi colmava, gli dissi: “Questo è l'anello che mi dai, e queste sono le promesse!”.

Fortunatamente le mie dita non subirono danni permanenti e l’uomo che mi aveva pugnalata tanto nel profondo venne giudicato colpevole, anche se non subì alcuna pena concreta grazie ad amici potenti che lo protessero dalla condanna.

Io ora vivo a Firenze con mio marito Pierantonio Stiattesi, un modesto pittore, e sto cercando di ricominciare a vivere normalmente. Tassi non è stato punito come meritava, ma ora posso dire di aver lottato con tutte le mie forze per dimostrare la mia purezza e posso tornare a immergermi nel mio mondo fatto di sbuffi di colori e tele da riempire.


Chiara Tuberga


Momenti “no” e come uscirne vivi

Capita di sentirsi persi, capita di sentirsi oppressi dal mondo intero, capita di non saper dove andare a sbattere la testa per poter trovare una soluzione al proprio disorientamento. Capita di sentirsi demotivati e percepire il mondo troppo veloce per i propri ritmi. Capita. Capita. Capita. È questo che generalmente si dice ad una persona in difficoltà e non si può certo dire non sia vero: chi non ha mai avuto dei momenti “no” nel corso della sua sua vita? Il punto è che spesso non si sa come affrontarli, a volte si rimane inermi davanti ad essi aspettando che passino da sé. 

Premetto che non sono un’esperta, ma da persona particolarmente ansiosa e facilmente soggetta a momenti “no” negli anni mi sono un po’ informata e in base a varie letture ho stilato una lista di “cose da fare” in questi momenti che ho trovato piuttosto utile. Certo, provare a seguirle non offre la felicità su un piatto d’argento, ma spesso aiuta a predisporsi per affrontare meglio i periodi bui. 


1- Accettare senza opporre resistenza

I momenti bui fanno parte della nostra vita, le emozioni che portano con sé fanno parte di noi, nel bene e nel male. Il dolore, la delusione, lo scoraggiamento vanno accettati, smettendo di considerarle, in quanto dolorose, inaccettabili e da “cacciare” da noi. Non esistono emozioni “cattive” o “buone”, o meglio tutte sono necessarie per imparare a conoscerci e a comprendere a pieno il mondo e quindi combatterle non farà altro che aumentare il nostro disagio: combattere contro se stessi non fa stare bene. 


2- Concentrarsi su ciò che è in nostro potere

Ci sono situazioni che non possiamo controllare, determinati avvenimenti non dipendono da noi e cercare di controllare l’impossibile è come provare a lottare contro i mulini a vento, non può che farci stare peggio in quanto il risultato sarà un fallimento. Per questo è fondamentale focalizzarsi su ciò che possiamo effettivamente controllare con le nostre azioni: desiderando la buona riuscita di uno spettacolo è importante impiegare più energie nel prepararsi con l’allenamento piuttosto che nello sperare che ci sia bel tempo quel giorno. 

È inoltre da ricordare che in questo tipo di momenti non sarebbe male farsi una lista di priorità e, nel caso ci fossero troppe cose su cui bisognerebbe concentrarsi, selezionare quelle più importanti e focalizzarsi su quelle, lasciando un attimo da parte le altre.


3- Non vittimizzarsi

So che molti potrebbero storcere il naso a questa affermazione, dicendo immediatamente che non è il loro caso, ma almeno una volta capita di avere dei momenti in cui ci si autocommisera. Ecco, a lungo andare questo non fa assolutamente bene, ti congela in uno stato passivo in cui continui a piangerti addosso piuttosto che prendere in mano la situazione e cercare di migliorarla. Spesso questa risposta di slancio di forza di volontà non la si ha immediatamente, al presentarsi di una situazione che ci turba è normale provare momenti di abbattimento, l’importante è riuscire a scavare in sé e trovare la forza di riprendere in mano la situazione. 


4- credere in se stessi

Stare a rivangare il passato non è mai un bene in momenti di particolare difficoltà, specie se si tratta di momenti bui del passato. È tuttavia importante ricordarsi, qualora si presentassero dei momenti “no”, che quello non è il primo momentaccio che si affronta, e di quelli passati è importante ricordarsi il fatto che li si ha superati. Spesso ci sottovalutiamo troppo e al presentarsi di una difficoltà ci inchiodiamo sul pensiero fisso che non riusciremo mai a superarla. Questa però è solo una convinzione data dall’intensità delle emozioni scoraggianti che vince sulla poca forza di volontà: se ci si prova a proiettare per qualche istante nel proprio passato, senza rimanerci troppo, si potrà ben vedere come momenti di questo genere si sono già riusciti a superare. 


5- Fissarsi sul presente

Come ho detto prima immergersi troppo nel passato non fa mai troppo bene, specie se si ripensa a periodi poco felici. Anche il proiettarci in periodi felici però può portare i suoi danni: se si vive un momento difficile pensare ad un momento felice può portare un senso di felicità istantanea, che però una volta tornati alla realtà sparisce, lasciando al proprio posto un alone di infelicità vista la realizzazione che nel presente quel grado di felicità si è perso. 

Anche pensare al futuro è grande fonte di ansia, con le sue incertezze e i suoi interrogativi, oggi ne abbiamo una chiara idea, quindi focalizzarsi su questo creandosi castelli in aria su cosa potrebbe succedere e cosa no non fa assolutamente bene, sia in momenti “normali” ma soprattutto in momenti di difficoltà. Ecco perché la soluzione migliore è concentrarsi sul presente, sull’attimo che si sta vivendo e sulle emozioni che si stanno provando, per quanto complesso possa essere. 


6- Cercare nuove prospettive

Un grande lago da una diversa prospettiva può essere una pozzanghera. Questo sostanzialmente è il concetto che voglio esprimere: davanti ad un problema cercare di vederlo da altre prospettive, di ridimensionarlo, può essere la chiave per smuoversi e trovare la forza di riprendersi. Non sempre è facile e il confronto con gli altri spesso può essere di notevole aiuto: qualcosa che a te sembra insormontabile per un altro può essere un non nulla e confrontarti con qualcuno di fidato può farti vedere il problema come quello che è. Spesso infatti agitandoci ed in preda a sentimenti forti non riusciamo a dare la giusta dimensione ai problemi, e l’intervento di qualcuno di fidato ma esterno al problema può farci tornare con i piedi per terra.


7- Dedicarsi a sé stessi

I ritmi dell giornate sono spesso frenetici e gli impegni generalmente si incastrano alla perfezione, lasciandoci quasi senza un attimo di pausa. Questo già in generale non fa bene, possiamo ben immaginare che in una situazione di difficoltà sia ancora più deleterio. Ecco perchè è importante trovare ogni giorno del tempo da dedicare a sé e a sé soltanto, in cui staccare dal mondo e fare qualcosa di rilassante che ci piaccia: che sia farsi una bella doccia calda, leggere un libro, guardarsi un film, qualsiasi tipo di coccola nei propri confronti che ci faccia sentire che la prima persona ad amarci siamo noi stessi. Stessa cosa per quanto riguarda il self-talking: siamo troppo autocritici e questa è un’arma a doppio taglio infatti se diventa troppo pesante rischiamo di diventare vittime della nostra testa, che trova difetti in tutto ciò che ci riguarda. Impariamo ad apprezzare noi stessi e le cose che facciamo, anche se non sono come desideriamo al 100%, anche solo iniziando da una al giorno, che sia una nostra caratteristica o una nostra azione. Un “ho fatto bene questo oggi” non potrà fare altro che aiutarci ed avrà a lungo andare un potere rigenerante.


8- Imparare a chiedere aiuto

Se questo elenco di punti o qualsiasi metodo voi usiate generalmente non funziona ed il periodo di crisi si prolunga nel tempo non dovete mai esitare a chiedere aiuto. Ammettere di non farcela da soli non è mai una sconfitta, anzi, il contrario. È completamente umano trovarsi in difficoltà e bisogna ricordarsi che è molto molto difficile non trovare in nessun ambito qualcuno disposto ad aiutarci. Se si è in difficoltà e a scuola o nel proprio ambiente lavorativo nessuno ti viene incontro gira sulla famiglia, sul gruppo di amici, o altri ancora, ma soprattutto su esperti. È pieno di centri di sostegno psicologico sia privati che gratuiti, che possono anche non richiedere la presenza o l’autorizzazione dei genitori almeno per i primi incontri. Mostrarci in difficoltà non è una vergogna ma indicatore dell’intenzione e della forza di stare meglio.


Con questo spero di esservi stata minimamente d’aiuto o anche solo di avervi tenuto compagnia facendovi sentire meno soli, perchè sappiate che in qualsiasi momento voi possiate passare un momento di malessere, non sarete gli unici.  Alla fine, capita a tutti. 


Elisa Giordano


Una via d’uscita dalle violenze domestiche

Cari lettori, avete mai sentito parlare dei centri antiviolenza? Sapete a grandi linee come funzionano? Ecco in questo articolo cercherò di farvi conoscere molto più approfonditamente questo mondo tramite un’intervista che andrò a fare a un componente della mia famiglia. Eugenia è un'educatrice professionale che si occupa da circa trent’anni di molteplici disagi legati alla persona, quali tossicodipendenza, alcolismo, accoglienza migranti e disturbi psichiatrici; inoltre presta servizio anche in un centro antiviolenza della liguria, più

precisamente a Imperia, una cittadina situata nel ponente.

In questo articolo oltre a farvi conoscere molto di più il sistema dei centri antiviolenza, vi farò entrare anche nell’anima e nei pensieri più nascosti delle donne maltrattate e di chi si occupa di questo settore; ma senza perderci in tante parole, ora vi presento l’intervista fatta a una persona che vive tutti i giorni queste esperienze sulla sua pelle.

Io ​Buongiorno, lei è una persona che si prende cura dell’educazione delle persone e avrà ascoltato numerose esperienze, ma che cosa l’ha colpita di più in questo ambito lavorativo a differenza degli altri settori?

Eugenia ​Nei miei svariati anni di esperienza professionale, moltissime volte sono venuta a contatto con i sentimenti e il malessere delle persone; questo ambito per me è il più faticoso e doloroso da portare avanti nell’ambito del mio servizio perché, a contatto con la sofferenza della donna ho percepito in modo molto forte il coinvolgimento e l'empatia nei confronti delle vittime dei soprusi. Infatti essendo donna mi sono sentita molto più tirata in causa da questo malessere.

Io​ Solitamente cosa porta le donne a chiedere aiuto?

Eugenia ​La motivazione che spinge queste donne a chiedere aiuto è il senso di disperazione e di malessere familiare dovuto a questi prolungati maltrattamenti; di conseguenza esse cercano sostegno per poter uscire da questa situazione insostenibile, e che quindi non è più gestibile per salvaguardare la loro persona e quando ci sono anche i loro figli. Sono disperate per questi continui maltrattamenti fisici e psicologici, infatti essere solitamente non si recano allo sportello dopo i primi episodi di maltrattamento, bensì dopo svariati atti di violenza.

Io ​In che modo possono accedere le donne allo sportello?

Eugenia Esiste un numero verde attivo in tutta Italia con una segreteria sempre attiva che porta l’utente ad un primo contatto telefonico con un'operatrice del centro, che dopo la richiesta di alcuni dati ed informazioni essenziali del tuo caso, fissa un colloquio di conoscenza e di ascolto con un'operatrice del centro. Essa può essere una psicologa, un’educatrice professionale, un assistente sociale, una volontaria e un’altra operatrice molto importante che serve per approcciarsi in diversi modi alle diverse culture è la mediatrice culturale.

Io​ Dopo il primo incontro come agite e quali sono i servizi che offrite?

Eugenia Dopo i primi colloqui informativi ed analisi della situazione di violenza e del suo nucleo familiare offriamo svariati servizi a seconda del caso, come per esempio: consulenze legali, colloqui di supporto psicologico, gruppi di auto mutuo aiuto, quindi donne che hanno lo stesso problema e confrontandosi lo risolvono, inserimento in strutture protette quando necessario, affiancamento nella fruizione dei servizi pubblici e privati e quindi aiutare le donne a trovare un lavoro, e infine fornire un contatto con i servizi sociali del comune di residenza dell’utente per poter ottenere degli aiuti economici di vario tipo (bollette, affitto, spesa , buono spesa ecc...).

Inoltre il centro per sensibilizzare la popolazione e le nuove generazioni tiene degli incontri di prevenzione nelle scuole e sul territorio. Infine la particolarità essenziale di questi centri di antiviolenza è che tutte le figure professionali presenti siano donne perché questo aiuta l’utente a sentirsi più protetta e non giudicata.

Io Oltre la sua esperienza lavorativa le è mai capitato di trovarsi nella vita di tutti i giorni a contatto con una donna vittima di violenza?

Eugenia Prima di iniziare il mio servizio al centro, conobbi una giovane donna di origine magrebina, sposata con un figlio piccolo che veniva a fare le pulizie in casa mia .Quando veniva, vedevo che aveva delle percosse visibili sul corpo e sul viso e percepivo questo suo disagio e malessere; non solo dai segni evidenti sulla sua pelle, ma anche dal suo atteggiamento di depressione e di autosvalutazione. Così decisi di indagare chiedendo più informazioni sulla situazione familiare. Inizialmente lei negò l’evidenza con varie scuse, e considerò questo atteggiamento del coniuge come un avvenimento casuale o come un suo sbagliato atteggiamento. Infatti per la cultura musulmana questo modo dell’uomo di interagire con la donna, quindi facendo della violenza fisica e psicologica è una cosa più che lecita perché la donna è considerata inferiore. Io la sostenni e le dissi che se voleva uscire da questa situazione difficile io ero pronta ad aiutarla; quindi questa donna decise di lasciarsi andare e parlandomi della sua situazione, mi chiese aiuto. Conoscevo già il centro ed i suoi servizi, la accompagnai ad un appuntamento, iniziò a frequentare i gruppi di mutuo auto aiuto e così prese la forza ed il coraggio di sporgere denuncia alle forze dell’ordine. In questi frangenti scoprì inoltre che erano già attive 4 denunce partite in automatico dal pronto soccorso in alcuni accessi che lei aveva fatto per percosse. Tutto questo la stimolò a separarsi dal suo coniuge e a ricostruire la sua autostima e la sua vita.

Io​ Che esperienza...che cosa ha provato lei e la donna che ha aiutato in questa situazione?

Eugenia Questa persona era culturalmente legata al suo matrimonio indissolubile e quindi era convinta di riuscire a sopportare questa situazione per sempre.

Invece io ho provato un grande senso di impotenza perché essendo di due culture diverse, non riuscivo a spiegarle che questi maltrattamenti non erano normali in un rapporto di coppia, e allo stesso tempo percepivo e vedevo il dolore nei suoi occhi e il senso di sottomissione che viveva nella sua vita di tutti i giorni.

Io Grazie mille per aver risposto alle domande! Ci ha fatto capire molto di più i sentimenti e gli stati d’animo delle donne vittime di violenza, ma anche della figura dell’operatore che le sostiene in questo percorso.

Eugenia Grazie a te! è stato un piacere poter rispondere alle tue domande, e chiarire questo aspetto di disagio sociale.

Chiara Moscatiello

Come ingrassare in quarantena step by step

Anche se carnevale è già passato c’è sempre spazio per un dolce goloso! Quindi ecco le ricette di due dolci tipici del carnevale in Italia: le famose chiacchiere e le zeppole, soffici piccole ciambelle.


ZEPPOLE DI CARNEVALE


Ingredienti

  • 250 g di patate

  • 500 g di farina

  • 60 g di burro

  • 1/2 panetto di lievito di birra

  • 20 g di zucchero

  • 1 uovo intero + 1 tuorlo

  • scorza di limone e arancia grattugiata q.b

  • 100 ml di latte

  • 1/2 bustina di vanillina

  • 1 pizzico di sale

  • olio per friggere q.b.

  • zucchero per la decorazione finale q.b.


Procedimento


Per preparare le zeppole di Carnevale iniziate a lessare le patate in abbondante acqua, eliminando la buccia; quando sono cotte passatele nello schiacciapatate.

Trasferite la purea di patate ottenuta su un tavolo da lavoro, unite la farina e ricavate la classica fontana, facendo con le dita un buco al centro.

Versate al centro le uova intere, il burro ammorbidito a temperatura ambiente, lo zucchero, il sale, la vanillina e la scorza di limone e arancia.

Cominciate a mescolare gli ingredienti, aggiungete il bicchiere di latte, la scorza degli agrumi grattugiata e infine il lievito di birra, precedentemente sciolto in un cucchiaio di latte. Lavorate l'impasto fino ad ottenere un composto morbido che tende a staccarsi dalle mani e lasciate lievitare per 30 minuti: a questo punto potete ridurre l'impasto a pezzi e ricavarne tanti bastoncini lunghi circa 10/12 cm.

Unite le due estremità in modo da formare delle piccole ciambelle che lascerete riposare almeno un'ora.


N.B. Ricordatevi di sistemare le ciambelle ben distanziate tra loro, per evitare che si attacchino durante la fase della lievitazione.


Infine versate abbondante olio di semi di arachidi in una padella larga, scaldatela bene e cominciate a friggere le zeppole, rivoltandole spesso affinché prendano una doratura omogenea. Via via che sono pronte, toglietele dall'olio e adagiatele su carta assorbente. Passate le zeppole ancora calde in abbondante zucchero e trasferitele su un vassoio da portata.



 


Elisa Chiapale



LE CHIACCHIERE

Le Chiacchiere di Carnevale, le golose sfoglie fritte spolverate di zucchero a velo che, a seconda della regione italiana in cui vengono preparate, assumono nomi diversi: Frappe a Roma, Crostoli o Galani in Veneto, in Toscana diventano i Cenci,... ecco la loro ricetta tradizionale napoletana!!


Ingredienti per circa 50-60 chiacchiere

● 300 gr di farina ’00

● 40 gr di zucchero

● 2 uova medie

● 60 gr di latte

● 30 gr di burro fuso

● 2 cucchiai di liquore

● buccia grattugiata di 1 limone grande

● 1 pizzico di sale

● olio di semi di girasole per friggere

 zucchero a velo vanigliato q.b. da spolverizzare


Procedimento

Mescolate la farina con lo zucchero e il sale in una ciotola; fate un buco al centro e ponetevi le uova, il burro fuso, la buccia di limone e il liquore. Poi mescolate con la forchetta i liquidi partendo dal centro.




In seguito girate inglobando piano piano la farina ai lati e, quando avrete ottenuto un impasto cremoso, aggiungete il latte. Amalgamate tutti gli ingredienti (prima girando con la forchetta, poi proseguendo a mano), fino ad ottenere un impasto che si stacchi dalla parete della ciotola. Formate una palla.

Avvolgete la palla nella pellicola e lasciatela riposare 20 minuti a temperatura ambiente. Dopodichè dividete l’impasto in 3 parti e stendete con il mattarello un pezzo per volta, più sottile che potete. Su un piano di lavoro ben infarinato ripiegate su se stessa la pasta un paio di volte, fino ad ottenere una sfoglia sottile ed omogenea. Staccate un pezzetto di impasto e appiattitelo con le mani ad una lunghezza di circa 10-12 cm, poi andate a prendere la vecchia macchina della pasta della nonna e inseritelo in essa. Tirate la prima sfoglia, poi piegatela a metà e ripetete l’operazione un paio di volte.




E’ arrivato il momento di dar forma ai nostri dolci: delineate in modo leggermente obliquo i contorni laterali della vostra sfoglia con una rotella tagliapasta smerlata in modo da ottenere dei rettangoli di media grandezza.




Ed eccoci giunti al momento più difficoltoso della ricetta: la frittura delle chiacchiere... se non disponete di una friggitrice, preparate un pentolino a bordi alti con abbondante olio di semi di girasole (che poi cambierete dopo un po’ di fritture).

Quando l’olio arriva ad una temperatura di 175°(per capire quando l’olio è pronto fate una prova con un pezzetto di impasto: se sale a galla formando micro bollicine intorno senza annerirsi, potete procedere alla frittura) immergete le Chiacchiere, due per volta, e quando sulla superficie a contatto con l’olio si formeranno delle bolle e la pasta si accartoccerà, giratela. Nel momento in cui si formeranno bolle anche sull’altra superficie, rigiratela, lasciatela friggere ancora pochi secondi e scolatela con un mestolo forato. Appoggiate poi le chiacchiere sulla carta scottex per farle asciugare.




Infine, quando le vostre Chiacchiere di Carnevale saranno ben fredde, spolveratele di zucchero a velo su entrambi i lati... adesso sono pronte per essere gustate!


Ghibaudo Camilla



TISANE PER DORMIRE (e alzarsi la notte con destinazione bagno!)

Dopo una bella scorpacciata di zeppole e chiacchiere, una bella tisana per scaldarvi (e anche depurarvi, mangioni!) va sempre bene.


LA TISANA ALLA CANNELLA

Oggi vorremmo proporvi la tisana alla cannella, facilmente trovabile nei supermercati, e incredibilmente utile. Questa tisana ha infatti proprietà digestive, carminative (aiuta quindi a sgonfiare la pancia), antibatteriche ed è un tonico utile per la circolazione. E’ anche molto semplice da produrre in casa propria, infatti per avere questa meraviglia nella vostra tazza preferita vi servono:

  • mezza stecca di cannella (o mezza bustina di polvere di questa)
  • circa mezza fetta di radice di zenzero
  • circa una fetta di limone
  • del miele

Dopo aver riempito un pentolino con circa 250 ml di acqua, scaldate fino all’ebollizione del liquido. Spegnendo il fuoco, versate la cannella, la mezza fetta di zenzero e quella di limone; lasciatelo in infusione per almeno cinque o sei minuti, coprendo il pentolino con un coperchio. Aggiungete quanto miele desiderate e godetevi la vostra opera d’arte!



Marta Massucco





lunedì 29 marzo 2021

Indovina il prof 3!

Cari professori, alunni, bidelli, tecnici ...Oggi vi diamo il benvenuto alla terza puntata della nostra rubrica “Indovina il prof!”

Noi, scrittrici in erba, ci stiamo chiedendo tutte quante una sola cosa ... ma voi, siete riusciti a capire tutti gli indizi per scovare i prof misteriosi?

Speriamo di sì (o forse no, dipende tutto dal punto di vista) ...

Ma, bando alle ciance e ciancio alle bande, lasciamo ora spazio a un nuovo/a professoressa e alla sua intervista ... Sappiate che, giorno dopo giorno, edizione dopo edizione, l’impresa sarà sempre più ardua e la risposta giusta, cari amici miei, non sarà così semplice come sembra.

Siete pronti? Allora iniziamo.


Buongiorno prof. Grazie mille per essersi prestata a questa particolare intervista.

Ora, se non le dispiace, inizieremmo con le domande: potrebbe, gentilmente raccontarci un suo ricordo d’infanzia?

Buongiorno a tutti! Ovviamente: se riguardo indietro, scavando nei cassetti del mio passato, il ricordo di mio nonno che mi portava sul seggiolino davanti della sua bici rimarrà per sempre indelebile.

Beh, si sa che i nonni sono un dono del cielo ... a proposito di cassetti, qual è un suo sogno mai rivelato?

Bella domanda ... ma avrei sempre voluto essere un architetto.

Da bambino/a, aveva altri progetti lavorativi in mente?

In realtà, se devo essere completamente sincera, mi sarebbe piaciuto lavorare in un ufficio...

Ora passiamo alle note dolenti ... cosa ci può dire riguardo al suo rapporto con la scuola? Quali materie le erano “amiche” e quali, invece, l’esatto contrario?

Sono sempre stata un’alunna diligente: ero molto brava a scuola e facevo sempre quello che mi veniva richiesto ... ma, se si parlava di temi, diciamo che non erano proprio il mio forte: infatti, i miei scritti sono sempre stati brevi e con pochissimi aggettivi, composti da frasi molto semplici insomma.

Cambiamo completamente di argomento e parliamo di felicità ... Qual è stato il giorno più bello di tutta la sua vita?

Questo non è neanche da chiedere: sicuramente, il giorno del mio matrimonio!

E, per quanto riguarda il viaggio più bello mai fatto?

Sono una persona che ama molto viaggiare ma, se dovessi scegliere tra alcuni viaggi meravigliosi fatti fino ad adesso, due in particolare li porto nel cuore: il primo risale all’anno della mia maturità quando, dopo aver dato gli ultimi esami, sono partita per Londra con il mio compagno e futuro marito. Il secondo, invece, risale a 3 anni fa, quando ho percorso la via francigena in bici fino a Roma, insieme a un gruppo di amici, partendo da Sarzana.

Possiamo solo immaginare la fatica ... ma, sicuramente, a questa prof non manca il piacere per lo sport!

Altra domanda: cosa è cambiato principalmente dalla sua adolescenza fino ad oggi?

Sicuramente, quando ero adolescente, ero molto più indecisa e timida ... mentre, ora, sento di avere meno paura e maggior sicurezza.

Quindi, come si descriverebbe adesso? E come pensa la vedano gli altri (alunni compresi)?

Sincera? Non ho la minima idea di come mi vedano le persone che ho intorno e faccio fatica a dare una descrizione di me stessa, soprattutto perché ho molti aspetti che potrebbero risultare contrastanti.

E se potesse rinascere, sarebbe...

... una persona che si occupa del benessere fisico delle altre persone.

Direi, quindi, di concludere con un’ultima domanda sull’attualità: quali sono, a suo personale avviso, pro e contro della quarantena?

Trovo vi siano pochissimi pro rispetto alla quarantena: forse come insegnanti abbiamo trovato il modo di imparare alcune cose sulla tecnologia che rimandavamo da anni, però ritengo che per il benessere della persona siano fondamentali le relazioni in presenza. Ho bisogno di vedere le persone, osservare come si muovono, aspettare le loro reazioni. Online è tutto molto diverso, sento che le persone tendono a vivere sempre più singolarmente.

Una riflessione molto profonda e colma di verità ...


Eccoci di nuovo giunti alla fine di questa nostra stramba intervista ...

E voi, siete riusciti a capire di chi stiamo parlando?

Suvvia ... sbizzarritevi e proponete nomi ... perché, sbagliando s’impara!


Parola di Ballestra Marianna, Paruzza Anna, Ghibaudo Camilla, Isoardi Francesca




Disagi per l'organizzazione nella scuola

Ormai siamo vicini alla fine di questo anno scolastico, molti studenti e professori come me hanno notato svariate problematiche all’interno ...