giovedì 3 giugno 2021

Intervista impossibile ai manifestanti in Myanmar

Salve a tutti, bentornati! Eccoci qui con una nuova intervista impossibile. Vi avevamo lasciati con l’uomo blu. Questa volta però gli intervistati saranno più di uno in un contesto completamente diverso.

Ci troviamo in Myanmar, Paese dell’Estremo Oriente conosciuto anche come Birmania. Alle elezioni dello scorso 8 novembre, nella nazione era risultata vincitrice con un ampio margine la Lega Nazionale per la Democrazia, il partito al governo con a capo la presidente Aung San Suu Kyi. L’Esercito aveva avviato una campagna di contestazione del risultato elettorale denunciando brogli elettorali e le tensioni erano man mano aumentate fino ad arrivare al colpo di Stato del primo febbraio, quando le forze armate hanno preso il controllo del Paese e dichiarato lo stato d’emergenza per un anno, dopo aver arrestato la leader del partito e altre figure di primo piano del governo. Poco dopo il golpe, in un videomessaggio trasmesso sulla televisione di proprietà dell’Esercito, viene annunciato che i poteri legislativi, esecutivi e giudiziari sono stati trasferiti al comandante in capo delle forze armate. Le reti mobile e telefonica sono state ristrette e i servizi dei media di Stato sono stati interrotti. La popolazione ha sventolato bandiere rosse della NDL alle finestre e nelle strade sono stati affissi striscioni di sostegno al governo eletto. Alcune manifestazioni sono iniziate pochi giorni dopo il Golpe. Se in un primo momento queste proteste erano pacifiche, la situazione è degenerata quando l’esercito ha iniziato a rispondere ai movimenti con violenza. Siamo ormai ad Aprile e la situazione del Paese è drammatica, sono più di 500 le morti causate dalla dura repressione e moltissimi sono giovani della nostra età.

Proprio per questo abbiamo deciso di intervistare alcuni di loro.

Ecco le risposte di un gruppo di manifestanti.

Noi: Ciao, siamo due ragazze italiane interessate alla situazione qui in Myanmar. Vi dispiacerebbe rispondere a qualche domanda?

Manifestanti: Anche se a malincuore ci fa piacere che ci sia interesse per la situazione del nostro Paese. Le comunicazioni sono state interrotte dal nuovo regime ed è davvero difficile far conoscere ciò che succede qui nel resto del mondo.

Noi: Voi state portando avanti delle grandi manifestazioni, ma da quando tutto questo va avanti?

Mainfestanti: Come saprete, la nostra protesta è iniziata poco dopo il Colpo di Stato avvenuto il primo febbraio. Il nostro intento era quello di difendere la democrazia che tanto avevamo desiderato e che si era realizzata con la NDL, dopo una lunga dittatura. Molti giovani sono scesi in piazza con striscioni e bandiere. Il nostro simbolo era il three-finger salute ispirato alla saga di Hunger Games, in cui il saluto delle tre dita rappresenta la solidarietà in un mondo distopico in cui i ribelli combattono per la libertà contro un tiranno onnipotente. Abbiamo fatto nostro questo gesto, già utilizzato in Thailandia nel 2014, sapendo che sarebbe stato facilmente comprensibile e rappresentativo di concetti di libertà, uguaglianza, solidarietà nei movimenti democratici del nostro Paese.

Noi: In che modo queste proteste pacifiche sono degenerate in violenza?

Manifestanti: Nel terzo giorno consecutivo di proteste contro il golpe la tv di Stato ha lanciato un avvertimento su possibili "azioni" contro le minacce alla "sicurezza pubblica". Hanno affermato che occorreva agire secondo la legge con misure efficaci contro i reati che disturbavano, impedivano e distruggevano la stabilità dello Stato e la sicurezza pubblica. La polizia ha poi usato cannoni ad acqua contro di noi, provocando diversi feriti. Era la prima volta che il regime utilizzava la violenza per reprimere le manifestazioni. La situazione nel giro di poco tempo è peggiorata sempre di più fino a provocare la morte di alcuni dimostranti completamente disarmati e anche molto giovani come Kyal Sin. Tutti uccisi dai soldati. Adesso non hanno nessuna pietà, nemmeno i bambini vengono risparmiati.

Noi: Abbiamo già sentito il nome di questa ragazza. Era una vostra compagna? 

Manifestanti: Sì, lo era. Molti l’hanno soprannominata “The Angel”. Il giorno che è morta indossava una maglietta con su scritto “Everything will be ok”. Fino a un attimo prima di accasciarsi Angel aveva guidato le azioni di tutti. Sapeva che era pericoloso, era l’unica ragazza in prima linea. Aveva coraggio, tanto. Ma non era un’ irresponsabile. Diceva a tutti di stare bassi, per non rischiare inutilmente la vita. Aveva il viso rivolto verso di noi e non verso i soldati. È stato allora che un proiettile le ha trapassato la fronte. Lei non ha detto una parola. Ha smesso di muoversi e di respirare mentre la trasportavamo in braccio in un ospedale di fortuna.

Noi: Non deve essere stato facile per voi vedere una compagna morire così brutalmente.

Manifestanti: Non è mai facile, vediamo ogni giorno persone come noi morire. Ma dobbiamo andare avanti in modo che la loro scomparsa non sia stata vana.

Noi: Dove trovate la forza per continuare a lottare?

Manifestanti: Il nostro obiettivo è quello di combattere per i nostri diritti, ci sentiamo in dovere di farlo, per la nostra nazione, per tutti coloro che hanno perso la vita. Ci è stata tolta ogni forma di libertà, la rivogliamo indietro.         


                                   

Anna Paruzza e Arianna Lovera


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