venerdì 18 dicembre 2020

QUESTIONE DI TEMPO

Quante volte abbiamo sentito parlare di surriscaldamento globale e cambiamento climatico? Tantissime. Tutti, dai social media ai telegiornali, hanno avuto modo di esprimersi a proposito di questa problematica. Ormai è quasi diventato il nostro pane quotidiano e ogni persona può informarsi su come contribuire, nella sua vita, a salvaguardare il nostro pianeta. Se iniziassimo tutti, nel nostro piccolo, a fare un passo avanti sarebbe già un inizio. Ma se pensiamo in grande, un’importante parte dell’inquinamento mondiale deriva dalle emissioni dannose delle grandi fabbriche. 


Il 12 dicembre 2015 è stato sottoscritto il cosiddetto “accordo di Parigi”, il cui contenuto è stato negoziato dai rappresentanti di 196 stati in una conferenza sul clima. In seguito nel novembre del 2018, 184 stati sono entrati a farne parte e tra questi vi sono gli stati dell’Unione Europea.

L’obiettivo principale di questo accordo è quello di riuscire a contenere l’aumento di temperatura al di sotto dei 2ºC cercando di limitarlo a 1.5°C limitando così le emissioni globali. 

 

Secondo diverse statistiche, tra i paesi con il più alto tasso di inquinamento vi sono gli Stati Uniti, con una media annuale di 6.049.435 migliaia di tonnellate di CO2 emesse.

Gli Stati Uniti, come i paesi dell’Unione Europea, nel 2015 sono entrati a far parte dell’accordo, sotto il secondo mandato presidenziale di Barack Obama. Egli voleva impegnarsi a ridurre le emissioni di anidride carbonica del 5% ogni anno, fino al 2025.  

Come si può vedere dal seguente grafico, questo obiettivo ammirevole è stato però mandato in frantumi dal suo successore. 



 Donald Trump è da subito stato un presidente non molto attento al clima del nostro pianeta. Ha sempre negato in molte sue interviste il problema del surriscaldamento globale e in questi 4 anni non ha mai mostrato interesse nel ridurre l’inquinamento e proprio nel novembre di quest’anno, Trump ha deciso di uscire dall’accordo di Parigi. 

Questa decisione causerebbe un grandissimo impatto climatico mondiale, in quanto gli Stati Uniti emettono circa il 14% di emissioni globali.

Che questa sia solo stata una strategia politica per riuscire a vincere le elezioni 2020? Non possiamo saperlo, e in ogni caso le cose potrebbero cambiare, dal momento che non è stato eletto nuovamente. 

Il nuovo presidente Joe Biden, che sarà in carica dal gennaio del prossimo anno, nelle sue campagne elettorali si è dichiarato contrario alle diverse scelte in campo climatico, del suo predecessore. Infatti è molto propenso a far rientrare gli Stati Uniti nell’accordo di Parigi e disposto a riparare ai danni causati da Trump nei suoi anni da presidente. 

Biden ha da subito ricevuto ammirazione dagli ambientalisti americani, ma per ora sono solo tutte parole e teorie, bisognerà vedere se manterrà le sue promesse.

Gli USA si ritrovano così in uno stato di incertezza che si riflette sul mondo intero, poiché le decisioni che prenderà il nuovo presidente si ripercuoteranno su tutti noi e soprattutto sulla nostra casa, la Terra. 


Il nostro pianeta è la vera vittima di tutto quello che sta succedendo, di questo passo si arriverà a un punto di non ritorno e sarà troppo tardi per rimediare a quello che è stato fatto. Non abbiamo più molto tempo, scienziati da tutto il mondo ci stanno avvertendo di questo da tanti anni ormai, però in pochi hanno intenzione di fare veramente qualcosa. 

Quando tutti si accorgeranno di quello che stiamo causando alla Terra sarà troppo tardi e le nuove generazioni dovranno convivere con gli errori che tutti quelli prima di loro hanno commesso.

Cavallero Sofia


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